La rivincita delle zitelle non è un'idea sovversiva, si fonda sull'inviolabilità dello spazzolino da denti
La rivincita culturale delle zitelle, intesa come libertà di vivere una vita tutta per sé, non è in fondo un’idea così sovversiva: le ragazze non sposate tra i ventidue e i novant’anni in grado di sfamare tutti i gatti randagi del pianeta, farsi adorare dai nipoti, conquistare il mondo, cambiare spesso fidanzati oppure scegliere di non averne alcuno, dormire fino a tardi il sabato mattina e aumentare sensibilmente, secondo il New Yorker, gli adattamenti televisivi dei romanzi delle sorelle Brontë, sono dappertutto. Anche senza la necessità di sventolare un manifesto con la orgogliosa scritta “Spinster”, zitella.
E’ il titolo di un libro uscito da poco in America (sull’onda di un lungo articolo pubblicato dall’Atlantic), scritto da una bella quarantenne con l’aria della damigella d’onore super corteggiata, quella che si nasconde sempre quando le lanciano il bouquet. Kate Bolick ha preso una parola desueta, abbandonata nel cesto delle cose di pessimo gusto (sostituita da secoli con “single”), e ne ha fatto uno stendardo, un’idea di trionfo. Zitella è una vita tutta per sé, una scelta che contraddice le domande che le donne si portano addosso dalla nascita (come se fossimo ancora e sempre tutte Cenerentola): chi sposerai? e quando lo sposerai? e quando avrai figli? Kate Bolick, felice, di successo, perfetta nella foto sul retro di copertina del libro, ha pensato di capovolgere l’immagine antica e letteraria di uno zitellismo sofferente e cattivo, rendendolo desiderabile, arioso e sexy, e chiamando Edith Wharton a farle da scudo intellettuale, a regalarle l’ispirazione per una vita senza mariti, in cui il matrimonio è un’idea astratta, una scelta qualunque, un po’ come scegliere di prendere il brevetto per le immersioni oppure guardare i pesci nei documentari (ti va di immergerti con le bombole? no per carità mi fa orrore; ti va di sposarmi? no ti ringrazio ma non mi va di mettermi dentro casa uno sconosciuto).
[**Video_box_2**]Ci sono piaceri solitari, nella vita da zitella moderna, che le donne sposate possono praticare soltanto in certi giorni di agosto, quando il marito è in vacanza: ad esempio biascicare, passeggiare lentamente e prolungare “la meravigliosa consapevolezza che a casa non mi aspetta altro che un letto vuoto in cui strisciare nuda e ubriaca e puzzolente di fast food”, scrive Kate Bolick dopo una notte fuori terminata con un Big Mac. Anche camminare nude per casa, senza nessun bambino che urla: mamma copriti!, o ricevere la visita notturna delle amiche in crisi matrimoniale (questo argomento funziona per le insonni, ma potrebbe indurre le altre a sposarsi). Non è un’idea coraggiosa perché Cenerentola da un pezzo è stata superata dalla principessa Elsa di Frozen e da Merida di Brave (il cui manifesto è: “Sono Merida, e gareggerò per ottenere la mia mano”) e non è un’idea sovversiva perché perfino Kate, la straziante protagonista di “E non disse nemmeno un parola” di Heinrich Böll, brava e povera moglie di Fred nel dopoguerra tedesco (il libro uscì nel 1953), madre di tre figli, si alza la mattina, si guarda nello specchio e pensa “alla promessa di un’altra vita, che dovrebbe essere senza nozze: dovrebbe essere una bella vita in cui non ci si sposa, dove non esistono mariti assonnati che, appena svegli, allungano la mano a prendere una sigaretta”. Pensa a questa altra vita, assorta, ma Fred la riporta alla realtà. “Posso usare il tuo spazzolino da denti?”, le chiede dal lavabo. Ecco un buon motivo per agitare con forza il cartello con la scritta: “Spinster”.
Il Foglio sportivo - in corpore sano