In Italia i ricordi luttuosi sono come i sogni: si interpretano, e non sempre bene. Come per la strage di Bologna
Non abbiamo una rivoluzione quasi universale da celebrare, infatti non abbiamo un 14 luglio. E nemmeno una liberazione dal giogo di un impero coloniale, infatti non abbiamo un 4 luglio. Abbiamo una Festa della quasi Liberazione, controversa come controversa e non tanto limpida è la nascita stessa della Repubblica. Forse per questo ci viene più naturale, quasi spontaneo, come cosa che parte irresistibilmente dal cuore e dalle viscere, commemorare i martiri: non c’è nulla che sia tanto soggetto a interpretazione. Infatti per noi i ricordi sono come i sogni: si interpretano. E un’interpretazione del ricordo della strage di Bologna del 2 agosto 1980 l’ha voluta dare Sergio Mattarella, presidente della Repubblica: sente il dovere di non dimenticare la strage e quelle vittime innocenti che fanno ormai parte della memoria nazionale. Anche Pietro Grasso, presidente del Senato, ha detto qualcosa: vuole che sia approvata quanto prima la legge sul depistaggio. Secondo Mattarella persistono angoli bui nell’inchiesta, secondo Grasso c’è da scoprire e punire i mandanti.
E’ dunque opinione condivisa dalle più alte istituzioni repubblicane che qualcuno abbia ordinato quell’attentato: qualcuno di alto e intoccabile come alto e intoccabile non può che essere chiunque sia stato di volta in volta accusato di avere ordito trame, stragi e complotti della nostra storia recente. Già ma chi? I servizi segreti furono accusati fin dai tempi di Piazza Fontana, era il 12 dicembre del 1969, di aver depistato. Ma siccome non si poteva consentire che lo stato avesse un braccio operativo dedito a poco nobili passatempi, la soluzione per così dire democristiana fu dividere la pera in due, i buoni e i disonesti, gli inquinati dalla massoneria e perciò deviati. Sennò chi altri? Americani, israeliani, sovietici che all’epoca c’erano ancora, palestinesi, libici per ritorsione contro l’attentato a Gheddafi. Oppure Gelli direttamente. O Andreotti che era anche lui vivo all’epoca e sempre protetto da dio? Verrebbe da ridere se non ci fossero 85 morti e oltre duecento feriti: il fatto di sangue più grave nella storia della Repubblica non merita dietrologia di bassa lega, tanta leggerezza. Anno dopo anno per trentacinque volte abbiamo ricordato, ma c’è qualcosa di malsano in questa richiesta nobile di verità e giustizia se a farla non sono i famigliari delle vittime ma i più alti rappresentanti proprio di quello stato che non ha saputo trovare la prima né imporre la seconda. Trovare i mandanti quando non ci sono nemmeno esecutori materiali credibili?
[**Video_box_2**]La condanna all’ergastolo di Francesca Mambro e Giusva Fioravanti è la conclusione inevitabile del pregiudizio ideologico: Bologna la rossa pretendeva si individuassero responsabili fascisti, estremisti neri alla gogna e sonni tranquilli per tutti. Sennonché i due condannati da sempre negano ogni responsabilità in questa strage e benché rei confessi di tanti altri attentati gravissimi, anzi proprio per questo, molti sono convinti che dicano la verità. C’era dunque un qualche senso a che i due presidenti rinfocolassero gli spiriti e la memoria sui mandanti? Nessun depistatore professionale, per quanto cretino, avrebbe potuto pensare che un attentato così, in agosto e senza ragioni apparenti, servisse i suoi piani: tant’è che dall’agosto 1980 divenne più dirompente l’ascesa di Craxi nella politica nazionale e se non è questa eterogenesi dei fini, anche se a Bologna e non solo sono sicuro che qualche pitocco pensa che il fine fosse quello giusto. Avrebbero dovuto parlare controvento, Mattarella e Grasso, osare qualche verità minima e scomoda, anziché ravvivare ipotesi e congetture che hanno creato solo disillusione. Ma si sa che è meno complicato accarezzare la folla nel buon verso. E poi quanto è caldo l’applauso di ritorno.
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