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Nessuno sa cosa sta succedendo in Thailandia, spiegato bene

Massimo Morello
Il governo militare rischia consensi per non aver saputo prevedere gli attentati. Lo scopo è seminare terrore

Milano. “Un attacco al Dio o un sacrificio al Dio?”, s’interroga l’ajarn saiyasat. Il “maestro del sovrannaturale” dà al Foglio un’interpretazione esoterica della bomba esplosa lunedì pomeriggio di fronte al tempietto di Erawan, l’elefante sacro hindu, al cui centro si trova la venerata statua di Phra Phrom, rappresentazione thai del Dio Brahma. La statua è stata solo scalfita. Secondo il mago ciò esclude l’ipotesi di un attacco al Dio. Ma attorno a essa sono state uccise almeno 28 persone (ancora non si hanno dati certi) e ferite un numero imprecisato, tra 120 e 180. E questo fa supporre un sacrificio al Dio. Ma il mago non sa dire perché si sia resa necessaria una tale ecatombe umana – estranea alla tradizione thai – e chi può trarne vantaggio.
Per oscura che sia, quella del mago è una delle innumerevoli ipotesi che circolano in Thailandia, mix tossico d’informazioni per spiegare ciò che appare inspiegabile. Un attentato del genere, infatti, per quanto il paese sia stato e sia tutt’ora un teatro in cui si susseguono complotti, manifestazioni, colpi di stato, intrighi e trame d’ogni genere, non si era mai verificato. “E’ il più orrendo reato mai commesso”, ha dichiarato il generale Prayuth Chan-ocha, primo ministro del governo costituito dopo il colpo di stato da lui orchestrato nel maggio del 2014. Per la prima volta nella turbolenta storia thailandese degli ultimi decenni, inoltre, sono stati colpiti anche i farang, gli stranieri (giornalisti a parte). Per alcuni, l’obiettivo erano proprio gli stranieri. Ipotesi che parrebbe confermata dal secondo attentato, avvenuto nella mattina di ieri, accanto al molo di Saphan Taksin, là dove partono i battelli che risalgono il Chao Praya, il fiume di Bangkok, per raggiungere la zona monumentale della capitale. Un attentato che non ha fatto vittime ma che, secondo le ultime indagini, è da attribuire alla stessa mano. In entrambi i casi, però, sembra che gli stranieri più che vittime designate fossero considerati inevitabili danni collaterali. 

 

Lo scopo è seminare terrore. E i dubbi lo alimentano: in questo momento i sospettati sono tanti quanti i teorici del complotto, e tutti si smentiscono a vicenda. Prayuth ha ammesso che al momento non si hanno sospetti su alcun responsabile. Smentendo così una delle tante voci, ossia che lui avrebbe accusato la fazione dei “rossi”, gli oppositori all’attuale governo legati a Thaksin Shinawatra, ex premier deposto da un colpo di stato nel 2006 e anima delle violente manifestazioni di piazza del 2010 (che avevano occupato il centro di Bangkok, proprio là dove si trova il tempietto di Erawan). Voce, a quanto sembra, diffusa per un errore di traduzione di un discorso di Prayuth e alimentata dai social media che lo accusavano di voler così giustificare un ripristino della legge marziale.

 

Ma è difficile sostenere che questa sia una strage di stato: il governo di Prayuth, proprio in quanto governo militare, rischia di “perdere la faccia” per non aver saputo prevedere gli attentati. “Una cosa è certa: questo è un fallimento delle operazioni d’intelligence del governo” ha commentato il corrispondente della Bbc. Inoltre le devastanti conseguenze degli attentati mettono a dura prova i già difficili rapporti tra il governo e i potentati economico-finanziari che rimproverano a Prayuth di non essere riuscito a riportare il paese sulla via dello sviluppo. Nonostante l’incremento della spesa pubblica, nel primo semestre del 2015 la crescita rimane debole e gli attacchi terroristici mettono a rischio le prospettive economiche a breve e medio termine. Il calo della borsa di Bangkok (l’indice dello Stock Exchange of Thailand ha chiuso con una perdita del 2,36 per cento)  e il deprezzamento del baht, la divisa thai, rispetto al dollaro non sono ancora su livelli critici ma sono il segnale di una crisi che potrebbe determinare il declassamento del rating nazionale. Nella stessa mattinata Standard & Poor’s lo ha mantenuto invariato (BBB+) e ha dichiarato che le bombe hanno avuto “un effetto immediato limitato sul debito sovrano”. Ma ha anche avvertito che un rallentamento del turismo potrebbe innescare una reazione a catena nell’economia. L’unico risultato che il generale aveva ottenuto era stato quello di una ripresa dopo anni di calo: nel 2015 si aspettavano oltre 28 milioni di visitatori, per un fatturato di 61 miliardi di dollari. Ora è prevedibile una riduzione di milioni di presenze. Il 60 per cento dei turisti in Thailandia proviene da paesi asiatici, il 20 per cento dalla Cina. E dei nove stranieri uccisi (dati ancora incerti) otto erano asiatici. Quattro i cinesi. Morti che pesano sulla credibilità del generale Prayuth di fronte al governo cinese, sino a ora il suo maggior sostenitore.

 

[**Video_box_2**]I sospettati rossi e la maglietta gialla
Perde credito anche l’ipotesi che gli attentati siano opera delle frange più estremiste dei rossi, l’opposizione al governo. “Questo modo di vendicare i morti non fa parte della cultura politica locale”, ha commentato Sophie Boisseau du Rocher, specialista di geostrategie del sud-est asiatico. E la prova di un loro coinvolgimento rischierebbe di far perdere l’appoggio di buona parte della base, radicata nel nord-est della Thailandia, che non accetterebbe mai un sacrilegio come mezzo di lotta. Si raffredda pure la pista dell’insorgenza islamica nel sud del paese: molti osservatori ricordano che i ribelli hanno sempre dichiarato di voler limitare l’azione alle zone di cui rivendicano l’indipendenza. Un’escalation così forte avrebbe come unico risultato un inasprimento della repressione del governo (in questo sostenuto dall’85 per cento della popolazione thai, buddista).
Nelle ultime ore i sospetti si concentrano sul cosiddetto “movimento terrorista internazionale” che vorrebbe punire la Thailandia per la sua politica di espulsione delle minoranze islamiche: i rohingya rimpatriati in Birmania dove sono perseguitati e, soprattutto, i gruppi di uiguri deportati in Cina, dove rischiano di essere giustiziati. E’ di quest’opinione anche Pavin Chachavalpongpun, docente di Politica asiatica a Kyoto. “La dimensione della bomba mi fa pensare che l’attentato sia opera di terroristi internazionali”, ha dichiarato lo studioso, cui il governo thai ha ritirato il passaporto per aver criticato il colpo di stato.
In questo momento, tuttavia, l’unico vero indiziato è l’uomo che appare in un video registrato dalle telecamere attorno al tempietto di Erawan. Sembra un occidentale. Arriva con uno zainetto in spalla, lo deposita su una panchina e si allontana. Indossa una maglietta gialla con un riquadro bianco su cui è scritto Gucci. Nei mercatini di Bangkok se ne trovano a migliaia.

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