Dove non arriva il diritto, supplisca la gogna
Avete mai visto un’allegoria medievale delle Arti liberali? Sapeste che aria seriosa hanno le fanciulle che raffigurano il Trivio, ciascuna accompagnata, come una sposa all’altare, dal suo più insigne esponente: la Grammatica con Prisciano, la Retorica con Cicerone, la Dialettica con Aristotele. Ora che abbiamo cacciato Giovanni Scattone dal tempio della cultura, salvando in un sol colpo l’onore di tre damigelle – Filosofia, Psicologia e Pedagogia, raccolte nel trivio burocratico della classe di concorso A036 – dobbiamo festeggiare la liberazione con un affresco, un bassorilievo, meglio ancora un gruppo scultoreo, tra un puttino e una colonna, una colonna e un puttino.
La signorina Filosofia potrebbe accompagnarsi a una statua di Umberto Galimberti a grandezza naturale, intabarrato in una tunica. Il 16 giugno del 1997, a meno di quarantott’ore dall’arresto di Scattone e Ferraro, il filosofo illustrò la sua disciplina affidando a Repubblica il commento “Filosofi e assassini”. Qui, usando Platone come un battipanni, prima sculacciava i presunti innocenti perché avevano speso tanti anni sui libri “senza capir bene la differenza che passa tra la vita e la morte”; poi sculacciava il direttore dell’istituto di Filosofia del diritto (di cui proponeva la chiusura, come un comune infiltrato dalla mafia) perché non aveva spiegato bene il suddetto Platone “al dottor Giovanni Scattone e al dottor Salvatore Ferraro che, nelle pause di studio, sparavano dalle finestre di un’aula”; infine lamentava “il collasso della cultura nel tempio della cultura”. Con Scattone esiliato a Colono il tempio non crollerà, la Filosofia resterà illibata e i Galimberti si moltiplicheranno come fotocopie. La Psicologia, invece, la immagino come una ninfa delicata e pensosa inseguita da una figura in marmo del professor Paolo Crepet ignudo, tutto drappeggi e capelli mossi dal vento come l’Apollo di Bernini. Che onore fece alla sua disciplina quando, dopo la condanna in primo grado degli imputati, disse che lo psicologo è come un orafo, capace di lavorare su minuzie, e che lui da una foto in cui Ferraro sorrideva aveva capito che quello era il sorriso di uno che l’ha fatta franca, perché gli innocenti non ridono! Ora che Scattone dovrà inventarsi un mestiere manuale più grossolano (lui propone imbianchino) anche quest’alta oreficeria della psiche è salva.
[**Video_box_2**]Il trittico allegorico delle Arti Liberate da Scattone è quasi completo, resta da piazzare la Pedagogia, alias Scienze dell’educazione. Qui il casting è più difficile. Leggo però di un Antonio Marziale, presidente dell’Osservatorio sui diritti dei minori, che così ha commentato l’annuncio dell’assunzione: “E’ strabiliante ed offensivo per chi nella vita è solito rispettare le leggi, oltre che pericoloso per gli studenti, ai quali dovrà impartire lezioni di sviluppo cognitivo ed emotivo in condizioni di assoluta mancanza di autorevolezza morale, dunque pedagogica. C’è da augurarsi che alle lacune legislative faccia da contraltare lo stigma sociale”. Dove non arriva il diritto, supplisca la gogna. Ma credo che lascerò l’opera incompleta: la fantasia dell’artista ha dei limiti, e ci sono parole così triviali che sfigurerebbero perfino in un trivio.
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