Nozze gay e altre svaccanze romane
Volevo scrivere contro Michele Serra, contro la bile da omofilo reazionario, e perciò omofobo, nella quale l’umoralista di Rep. ha intinto martedì le sue argomentazioni sulle nozze gay. Vista dalla sua Amaca, la recentissima foto di due maschi spagnoli in divisa da poliziotti e con fiori d’arancio è un ritratto inappuntabile: “Niente a che vedere con tutti i più corrivi luoghi comuni sull’omosessualità, spesso diffusi e supportati anche da molti omosessuali”. Ho capito bene? Ho capito bene: “Niente di stravagante, di colorato, di deviante, di bizzarro, di provocatorio, di sconveniente: il bacio coniugale tra due poliziotti in uniforme non assomiglia per niente al folklore gay (stile Village People); assomiglia, piuttosto, alle foto composte e accoratissime di fidanzati e sposi di una volta, i nostri nonni, i nostri avi nella completa devozione al talamo e alla famiglia, all’Amore con la A maiuscola da consegnare alle fotografie ufficiali”. E via fantasticando. Meriterebbe una carezza, Serra, convinto com’è che i sentimenti romantici siano stati e siano ancora il collante del matrimonio, e cioè di un dignitoso contratto tribale fra persone e famiglie trasformato dai romanzieri dell’Ottocento in un equivoco infantile e programmaticamente votato a uno scarso successo. Dopodiché sculacciate al reazionario Serra, che i matrimoni omosessuali li vuole, eccome, purché obbedienti al suo sterile canone estetico. E qui faccio appello al dizionario dei contrari per ribaltare la sua aggettivazione negativa, la serie dei suoi non; Serra il matrimonio gay lo vuole normale (non “stravagante”), scolorito (non “colorato”), diritto (non “deviato”), serioso (“non bizzarro”), tranquillizzante (non “provocatorio”), corretto o conveniente (non “sconveniente”). In una parola, conformista. Per Serra il modo migliore di essere omosessuali è omologarsi agli etero, anzi alla sua personale oleografia borghese. Punti di vista, figurati se non lo capisco, ma allora dovrebbe valere pure per l’omofobia di Matteo Salvini. Mi piacerebbe tuttavia sapere se anche Repubblica, giornale-avamposto della battaglia genderista, ha deciso di espettorare così, in una notte di fine estate, mezzo secolo di orgoglioso eccezionalismo gay. Volevo scrivere contro Michele Serra ma, prima di farlo, ho chiesto consiglio a una lettrice di Flaubert e micheleserriana di bronzo come Annalena. Le ho esposto la questione e lei mi ha detto: vado subito a sposarmi con il mio gatto, ricoperta di paillettes.
Volevo scrivere contro i tassisti romani, che vabbene non sono tutti uguali e anzi da ultimo stanno provando a recuperare consenso. Ti fregano meno al momento del resto, sbuffano solo un poco quando provi a pagare con il bancomat, chiedono pareri sulle strade da percorrere. Migliorano. L’altro giorno uno di loro, particolarmente educato, mi ha perfino dato una dritta: occhio dotto’ che a stazione Termini è un casino… un sacco di lavori, cantieri, strade chiuse… se deve andarci si muova con un’ora almeno di anticipo. Ma grazie! Claudia Gerini non ha avuto la mia fortuna. Venerdì doveva prendere un treno per Forte dei Marmi, ha cercato un taxi e niente: “Nonostante avessi fatto decine di chiamate a tutte le cooperative di taxi, non è saltata fuori una sola auto disponibile”. Il giorno dopo, di ritorno, peggio ancora: “Sono rimasta più di un’ora in fila aspettando di prendere un taxi”. Allora si è sfogata con quel tuìt, quello sbotto di viscere: “Che schifo i taxi a roma! Se chiami non hanno mai auto!”. Si sa come è andata a finire: insulti su insulti dai tassisti, lei che spiega e chiede scusa, chiede scusa e spiega, ma poi si arrende sconfitta: “Ho capito di non essere capace ad usare Twitter #salutibaci a tutte le persone che mi stimano e mi vogliono bene. E’ stata cmq una bella esperienza”.
[**Video_box_2**]Volevo dunque scrivere contro quei tassisti romani e dire loro che sono degli scemi maleducati, che hanno dissipato ogni speranza di rappacificarsi con i clienti, hanno rovinato in un attimo l’operazione simpatia appena avviata, poi non si lamentassero se i ragazzacci di Uber se li divorano (e infatti Uber ha rituittato Gerini leccandosi i baffi: “Confermiamo e ci scusiamo per le poche auto a Roma. Facciamo del nostro meglio, ma con numero chiuso licenze NCC è dura”). Volevo insomma scorticare i tassisti ma poi ho incontrato Pietrangelo Buttafuoco, gli ho esposto la questione e lui mi ha raccontato che martedì mattina era alla stazione della metropolitana Cornelia e ha visto una folla di romani frettolosi infrangersi contro uno sciopero improvviso. Sono risaliti tutti in superficie, ma niente bus né taxi in circolazione. Inferociti, sempre più numerosi, hanno marciato verso la fermata successiva e anche lì porte sbarrate. A quel punto il Buttaf ha azzardato un esperimento di psicologia delle folle, ha urlato basta, vogliamo Carminati sindaco! Ovazioni, cori, applausi. Fra i più esagitati, una donna gli fa sottovoce: ma chi è Carminati? Lui, ad alta voce: è il Cecato! Vogliamo il Cecato sindaco! Ovazioni, cori, applausi.
Il Foglio sportivo - in corpore sano