Nella Francia socialista tutti la pensano come il liberale Macron
Parigi. A due settimane dal sondaggio pubblicato dal quotidiano economico Echos, secondo cui il 71 per cento dei francesi, di destra come di sinistra, è favorevole alla soppressione delle 35 ore, il Figaro ha reso noti oggi i risultati di un altro rilevamento che creerà scompiglio nella gauche. Il 70 per cento dei francesi ha affermato infatti di essere d’accordo con quanto dichiarato dal ministro dell’Economia Emmanuel Macron a proposito della Pubblica amministrazione, e cioè che lo statuto dei funzionari “non è più adeguato al mondo in cui viviamo” e “non è più giustificabile tenuto conto delle sue missioni”. Al contrario dei rappresentanti del Ps che hanno trascorso un’intera settimana a dire che Macron farebbe bene a contare fino a dieci prima di dire certe cose dato che è in un governo di sinistra (la ministra della Funzione pubblica, Marylise Lebranchu, ha detto che “è meglio che parli il meno possibile”), il 57 per cento dei militanti socialisti difende la sua visione della Pubblica amministrazione.
Che l’ipertrofica macchina statale francese vada snellita e riformata lo pensa anche il 47 per cento dei simpatizzanti dell’ultrasinistra, percentuali elevate che dovrebbero far riflettere Jean-Luc Mélenchon e gli altri affiliati della gauche Peter Pan. Tra chi vota Républicains, la destra negollista di Nicolas Sarkozy, e il MoDem, i centristi di François Bayrou, la sintonia con l’inquilino di Bercy tocca vette altissime: 91 per cento per i primi, 82 per i secondi. Il 55 per cento dei francesi pensa inoltre che ci siano troppi funzionari in Francia, l’80 ritiene opportuno che le regole previdenziali dei funzionari pubblici e dei dipendenti del settore privato vengano allineate. Nonostante le critiche veementi piovute da sinistra, il ministro dell’Economia e il 70 per cento dei francesi non hanno fatto altro che mettersi sulla scia di quanto evidenziato i primi di settembre dalla Corte dei conti. In un rapporto reso noto il 10 settembre, i saggi della Rue Cambon hanno bacchettato l’esecutivo socialista in ragione dell’aumento progressivo della massa salariale (2,8 per cento in più ogni anno), che costa alla Francia 287 miliardi di euro, ossia un quarto dell’intera spesa pubblica.
Nell’editoriale del Figaro di oggi intitolato “Macron au Goulag!”, Paul-Henri du Lambert avanza il paragone provocatorio tra Andrej Vyšinskij, lo spietato procuratore che nella Russia stalinista mandava nei gulag i “controrivoluzionari”, a Martine Aubry, l’“elefantessa” del Ps e madre delle 35 ore, che assieme alle altre “guardie rosse dell’ortodossia socialista” vorrebbe cacciare quanto prima a pedate il guastafeste di Bercy. “Ha forse dei problemi psichiatrici, come si diceva un tempo di coloro che contestavano il regime sovietico?”, si chiede du Lambert, sentenziando che “la caccia a Macron è aperta”. “I dirigenti del Ps puntano il dito contro il suo passato di banchiere (“fottuto banchiere”, lo chiama amabilmente il leader del Front de Gauche Jean-Luc Mélenchon, ndr) per screditarlo e sottolineare l’inezia delle sue dichiarazioni. Non è domani dunque che la sinistra aprirà il dibattito sulla funzione pubblica, sui 5,3 milioni di funzionari, sul lavoro a vita e il fardello che questo ‘Mammut’ rappresenta per le finanze pubbliche. E poco importa se i francesi lo desiderano”. E ancora: “Non è domani, inoltre, che verrà messa sul tavolo la questione delle 35 ore, né tantomeno le altre questioni che meritano di essere poste se si vuole che la Francia ritrovi la crescita e il lavoro”.
[**Video_box_2**]Ma intanto questa mattina, dopo il sostegno di Valls domenica scorsa, anche il presidente Hollande si è schierato dalla parte di Macron nel tiro al bersaglio che lo vede coinvolto dopo le sue esternazioni in favore di una riforma delle 35 ore e della Pubblica amministrazione. Ieri Martine Aubry, che con il ministro dell’Economia si è già scontrata aspramente sulla questione del lavoro domenicale, ha dichiarato di non sopportare più l’“arroganza” di Macron. Hollande, da Bruxelles, le ha risposto così: “A volte, il silenzio è d’oro”. Forse anche il capo di stato socialista, singhiozzante nei sondaggi di opinione, ha finalmente capito che la direzione giusta per provare a lasciare un ricordo positivo della sua parabola presidenziale è quella indicata dal giovane ministro liberalizzatore. Ora convalidata anche dai francesi.
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