Expo e turismo insostenibile
Siamo a Expo, Padiglione Italia, in tanti e tutti inebetiti guardiamo le meravigliose bellezze italiane. In effetti la sala degli specchi moltiplica le piazze, i castelli, le ville, le cattedrali. Ci guardiamo, annuiamo, ci emozioniamo e in coro pronunciamo la seguente frase: certo che qui in Italia potremmo vivere solo di turismo! Lo dico anche io. Poi esco e sul decumano ci sono migliaia di persone e in un attimo il mio umore cambia. Ma da dove esce tutta questa gente? Tutti accalcati, sudati e allora ho avuto un ritorno di pessimismo e incupito ho pensato: sì però, tutte le foto mostrate nella sala degli specchi rappresentavano piazze, castelli, e altro, ma i luoghi erano tutti vuoti, non c’erano persone. Posti incantevoli, perché sospesi nel tempo, senza carne e umori, senza di me, di voi, di tutti. Sono crollato: non è che da una parte desideriamo e proponiamo – come soluzione ai problemi economici – di vivere solo o in buona parte di turismo e dall’altra non riusciamo nemmeno a immaginare come potrebbe davvero essere una piazza, un castello, l’atrio di una chiesa con dei turisti? Non è che questa parola sta diventando un’altra di quelle parole amebe, generali e vaghe, e tanto suggestive che dicono tutto e niente? Male non fanno, non costano fatica e in fin dei conti garantiscono a chi le usa (politici, amministratori, frequentatori di talk televisivi) una buona rendita di posizione?
Non so, forse semplicemente ero passato dall’ideale, la quintessenza delle bellezze italiane, alla concretezza dell’affollatissimo decumano, e insomma avevo avuto il classico crollo. Però li ho sentiti i politici dire: si potrebbe sviluppare il turismo, o si potrebbe raddoppiare il turismo, li ho sentiti e ho pure annuito. Ora ero nel bel mezzo di una contraddizione: guardate quanto sono belle le piazze italiane, ma senza gli italiani nella piazza. Se per esempio a Roma i turisti raddoppiassero io come farei a vivere? Già adesso, in giornate normali, quando sto a piazza Venezia in moto, devo fermarmi e cedere il passo a lunghe file di giapponesi – e solo perché sono un po’ vigliacco non vi rivelo i reconditi e per fortuna occasionali turpi pensieri che mi salgono in mente – come farei se il turismo raddoppiasse? E visto che per fortuna la popolazione italiana e quella europea vivono a lungo, se dopo la pensione due anziani coniugi, che si avviano verso gli ottanta e felicemente anche, vogliono godersi le bellezze italiane ma non hanno modo di camminare slow, come alcuni suggeriscono di fare e quindi decidono di usare un pullman o di farsi una crociera, ecco, in questo caso, davvero io riuscirei a tollerare il raddoppio dei pullman o le grandi navi piene di turisti? Sono io quello che un attimo prima immerso davanti alle visioni italiane ho detto: certo che potremmo vivere solo di turismo. Non so, a volte ci fissiamo su alcune parole e ne dimentichiamo altre. Per esempio, le industrie, perché nessuno le cita più? L’inquinamento? La sicurezza? Ma ormai secondo i dati Inail i posti più sicuri per lavorare sono le industrie chimiche, segno che nel tempo abbiamo pensato a migliorare i costi (non solo ambientali) di produzione. E poi sicuro che se diciamo industrie ci riferiamo solo alla grande industria con il camino e il refolo di anidride carbonica? Sarà un’altra immagine ameba?
[**Video_box_2**]Voglio dire, le cose stanno cambiando: prendiamo le piastre per circuiti stampati. Chi fa quei buchi? Non è una domanda sofista. Più buchi ci sono, più piccoli sono, più fili ultrasottili passano, più informazioni arrivano, più valore aggiunto otteniamo. Ecco, c’è una macchina che ci pensa: un mandrino ad aria. L’asse che ruota e buca la piastra non è sostenuto da nessun elemento metallico, ma da molecole di gas, meno attrito, più velocità, meno costi, più innovazione. Tanto è vero i fori hanno la dimensione di 40 micrometri, la metà del diametro di un capello umano. Nel 2010 due ditte, la Westwing e l’Air Bearing si aggiudicavano l’80 per cento del mercato (fonte Peter Marsh, “Fabbricare il futuro”, Codice Edizioni). E’ chiaro che le suddette ditte devono costantemente investire in innovazione, nel futuro e non solo nel passato, e si tratta di mettere insieme e far dialogare chimici, ingegneri, altrimenti il mandrino non lo possono realizzare (e deve essere sostenibile, con bassa impronta ecologica). Si chiamano silver companies, ossia imprese che a dispetto delle loro ridotte dimensioni riescono a ritagliarsi un’ampia fetta di mercato. Per il momento le migliori sono tedesche, coreane, cinesi (in crescita), inglesi e americane. E le italiane? Potrebbero ritagliarsi spazi di mercato? Si parla tanto di piccolo e bello, forse per non essere astratti è pensare solo al turismo come soluzione, è necessario cambiare anche l’immaginario produttivo. Abbiamo il passato e va bene, ma è troppo immobile, tra l’altro le stupende opere d’arte sono state costruite dai ricchi per nobilitare il proprio casato, insomma allora c’erano i ricchi che escludevano i poveri, ora vogliamo costruire il futuro per includere i nostri nipoti? Se no quest’ultimi senza soldi come fanno a viaggiare, poi si devono accontentare di belle foto.
Il Foglio sportivo - in corpore sano