Vincenzo De Luca (foto LaPresse)

Il baco del “caso” De Luca

Rocco Todero
Ieri i giornali aprivano sulla “corruzione” messa in atto dal presidente della Campania, oggi sulla “minaccia” subìta dallo stesso governatore. Poi le conclusioni tirate sulla base di sole intercettazioni. In attesa che il circo mediatico-giudiziario si plachi, una riflessione critica su un aspetto (di non poco conto) a proposito del diritto in sé.

Non sappiamo ancora se emergeranno responsabilità penali a carico del Governatore della Campania, Vincenzo De Luca, nella vicenda che riguarda la condotta tenuta dal giudice relatore dell’ordinanza che ha consentito al pugnace amministratore campano di rimanere in sella alla guida della regione. Le indagini sono solo nella fase iniziale, svolgimenti ulteriori ed esiti sono evidentemente imprevedibili.  

 

Ciò che sappiamo sin d’ora, però, è che quel provvedimento giudiziario, risalente al mese di luglio di quest’anno, è giuridicamente da attribuire ad un Tribunale composto da tre magistrati e non esclusivamente al giudice relatore sulla cui condotta si sono concentrate le attenzioni delle Procura della Repubblica di Roma.

 

Gli inquirenti hanno precisato che l’indagine non ha lo scopo di mettere in discussione il merito dell’ordinanza emessa dal Tribunale di Napoli e mai precisazione è stata più utile ed opportuna per sgombrare il campo dai possibili sospetti che le critiche squisitamente giuridiche mosse anche dal Tribunale campano alla legge Severino siano state in realtà frutto di opportunismi politici di basso profilo o veicolo per mascherare sodalizi criminali.

 

La decisione sul caso De Luca è stata assunta da un collegio di magistrati, tutti e tre firmatari del provvedimento con il quale la legge Severino è stata rinviata alla Corte Costituzionale e non è in alcun modo ipotizzabile che l’esito del giudizio possa essere stato condizionato, con effetto causale decisivo, dal comportamento e dalle intenzioni del solo giudice relatore.

 

Si dovrebbe ritenere diversamente che i collegi giudicanti siano delle finzioni scenografiche ad uso e consumo dell’ingenua fiducia riposta da cittadini, imputati ed avvocati nella possibilità che la decisione finale di una controversia giudiziaria rappresenti il frutto dell’analisi, del confronto e della mediazione fra diversi punti di vista e sensibilità dei magistrati e non già l’esito di una valutazione personale e solitaria del singolo decidente.

 

Del resto sono proprio le norme dei codici di procedura a prevedere come ciascun componente del collegio abbia l’onere di esprimersi con voto palese sulle singole questioni trattate nel corso del giudizio.

 

[**Video_box_2**]Eppure il rischio che l’eventuale e non auspicabile accertamento della responsabilità penale della dottoressa Anna Scognamiglio possa travolgere anche l’esito del giudizio reso dal Tribunale di Napoli, trasformando il Presidente del collegio e l’altro giudice a latere alla stregua di figure del tutto irrilevanti ai fini della decisione assunta, oltre che l’intero giudizio collegiale in una farsa popolare, è serio e concreto. Sopratutto alla luce della giurisprudenza della Corte di Cassazione sul caso “Berlusconi  - Lodo Mondador”i quando gli ermellini, al fine di pervenire alla conclusione secondo la quale l’accertata corruzione di un membro di un collegio giudicante inficerebbe alla radice l’intera decisione, nonostante il parere unanime degli altri componenti, hanno sostenuto “ il ruolo sicuramente più rilevante e più incisivo rivestito dal giudice relatore nella formazione di una decisione collegiale. Ciò è a dirsi con particolare riferimento a processi tanto delicati quanto luminosi, che non sempre consentono al presidente e ai giudici a latere un completo ed analitico studio del complesso ed imponente coacervo di tutti gli atti processuali….e che per prassi postulano un completo quanto legittimo affidamento nell’onestà intellettuale …del relatore chiamato ad esporre i fatti e le questioni di diritto dell’intera vicenda processuale da lui approfondita in tutti i suoi aspetti, all’esito della completa lettura di quegli stessi atti”.
E’ possibile, insomma, secondo la Cassazione che un collegio non sia un collegio, che le deliberazioni disciplinate dal codice di procedura civile e da quello di procedura penale si riducano a mandati fiduciari nei confronti del solo giudice relatore privato del contributo dei colleghi del collegio impegnati unicamente nella disamina dei fascicoli di cui sono a loro volta relatori. E’ possibile che il presidente del Tribunale si limiti a dirigere il traffico dell’udienza e che il processo si svilisca a livello di mera prassi in spregio al principio di legalità e che tutto diventi una farsa ed una rappresentazione cinematografica.

 

Ma su ogni singolo foglio dell’ordinanza De Luca sono apposte tre sigle e nell’ultima pagina tre firme, di altrettanti magistrati, leggibili per esteso e ciò dovrebbe rappresentare la differenza fra una cosa seria come la giustizia e una sceneggiata “napoletana”, come in questo caso.

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