L'aggressione all'ebreo di Milano sia da monito per l'incontro tra Renzi e Rohani
Al direttore – Nella seduta di oggi della Camera abbiamo espresso la nostra solidarietà a Nathan Graff membro della comunità ebraica di Milano, accoltellato ieri nella sua città. Ci auguriamo che si tratti dell’iniziativa di un folle o di un isolato fanatico, ma non possiamo fare a meno di suonare il campanello d’allarme. Come è stato giustamente detto dalla sen. De Petris c’è chi coglie l’occasione per passare dalla critica politica ad Israele all’antisemitismo e, aggiungiamo noi, dall’antisemitismo teorico (che è già di per sé assolutamente ignobile) all’esercizio della violenza e di quel terrorismo parcellizzato che si fonda sull’uso del coltello e che tende a porre in essere un’operazione pericolosissima: mettere in questione la normalità della vita dei singoli nostri concittadini che appartengono alla comunità ebraica.
Come retroterra di tutto ciò c’è molto, troppo antisemitismo teorico che sta diventando un tratto distintivo di un settore dell’estrema destra e della sinistra più indisponente, quella che ha un sottofondo snobistico.
Ciò detto, una raccomandazione al nostro Presidente del Consiglio. L’incontro con Rouhani non è una passeggiata, né, come ritengono alcuni ambienti della Farnesina, la quintessenza di una politica estera tutta proiettata verso la realpolitik e verso il business e che reputa che alcuni valori di fondo vanno rimossi e obliterati.
Sappiamo benissimo qual è l’obiettivo di Obama, ma la stessa Amministrazione americana ci ricorda che l’Iran è tuttora sotto esame e che anzi proprio se tutti i paesi dell’Occidente tengono la guardia alta e non abbandonano fuori tempo la linea delle sanzioni allora sarà possibile vincere la difficile scommessa aperta con l’intesa sul nucleare. Sappiamo bene che in Iran è in atto uno scontro fra autentici riformisti, una fortissima autocrazia e abili centristi con Rouhani. Ma proprio per questo Renzi a Rouhani non deve fare sconti. Sono inaccettabili la distinzione perversa fra l’ebraismo e Israele (da odiare e da distruggere), le esecuzioni capitali, le persecuzioni dei dissenzienti, l’umiliazione delle donne.
Intelligentemente l’ambasciatore iraniano in Italia ha detto che il nostro paese per l’Iran è una porta dell’Europa. Ebbene proprio il governo italiano deve dire alto e forte che questa porta si apre, anzi si spalanca, se Israele è rispettata, se le esecuzioni finiscono, se i diritti di libertà vengono esercitati, se le donne iraniane acquisiscono la piena parità individuale e politica.
A chiedere tutto ciò non sono solo l’Italia e l’Europa, ma anche i milioni e milioni di giovani iraniani che rappresentano la vera speranza e anche, crediamo, il vero punto di riferimento della scommessa assai arrischiata posta in essere da Obama.
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