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Colpevoli di felicità

Annalena Benini

Elenco (incompleto) di ragioni per cui i jihadisti ci condannano a morte. Per esempio amare la vita

Quando i nostri figli, sgomenti di fronte alle bombe e all’orrore, ci chiedono perché i cattivi ci sparano addosso mentre siamo al ristorante, ci uccidono mentre cantiamo e balliamo, ci odiano così tanto, mamma ma che cosa gli abbiamo fatto?, e perché hanno detto anche che questo “n’est que le début” della tempesta, allora bisogna rispondere la verità, e cioè che i crimini commessi da noi, i nemici, sono molti e molto diversi fra loro, e l’islam militante, l’islam in guerra, ha previsto per tutti, con grande esultanza, la pena di morte. Alla domanda ingenua e spaventata: che cosa abbiamo fatto di male, si può rispondere soltanto con un lungo e semplice elenco di azioni, che però hanno in comune, sempre, la convinzione che vivere, e vivere in libertà, valga più di ogni altra cosa. Ecco un elenco incompleto e sparso di crimini che lo Stato islamico punisce con la morte e sta punendo con “la tempesta”, come hanno scritto nella rivendicazione dell’attacco di venerdì sera a Parigi, in nome di Allah.

 

1) Essere una bambina cristiana in Nigeria e andare a scuola.

2) Andare a scuola a Peshawar.

3) Fare la ricercatrice alla Sorbona e andare di venerdì sera a un concerto rock con il fidanzato.

4) Disegnare vignette satiriche.

5) Fare un film critico sulla condizione delle donne nell’islam.

6) Uscire a cena, il venerdì sera, andare con una compagna di università in un ristorante cambogiano.

7) Essere ebrei.

8) Essere musulmani che si stanno divertendo a cena con gli amici.

9) Gettarsi sopra una ragazza per difenderla dagli spari.

10) Esercitare la libertà di parola in Bangladesh.

11) Ballare e cantare a Parigi.

12) Camminare per le strade di una città che è considerata la capitale “des abominations et de la perversion”. 

13)Prendere la metropolitana a Madrid.

14) Salire su un autobus a Londra.

15) Andare in vacanza in Egitto.

16) Essere una donna che fa il tecnico delle luci al Bataclan, essere un ragazzo che vende le magliette a un concerto metal.

[**Video_box_2**]17) Sedersi in terrazza con gli amici a chiacchierare e bere vino.

18) Stare in piedi a un concerto rock, con le braccia protese, scattare fotografie, selfie, dare appuntamento alla sorella in un bar qualche ora dopo, pensare che gli spari facciano parte dello spettacolo.

19) Fuggire a vent’anni con l’uomo che si ama, in Afghanistan.

20) Bere champagne, baciarsi per strada, passeggiare, andare allo stadio, sedersi a un caffè, ridere per una sciocchezza, aspettare che aprano le edicole, continuare con ostinazione e perfino allegria a non sottomettersi.

 

Sono queste le azioni che vengono punite con la morte, e sembra abbiano a che fare con un crimine più grande e ancora più grave: quello della felicità, del bisogno semplice di trasformare un pasto in una festa, e una passeggiata, una conversazione, un bicchiere di vino in mano, la noia perfino, uno sconosciuto con cui scambiare due parole, e a cui tendere la mano con fiducia, in un piacere, oltre che in un esercizio di libertà. E’ questa la perversione per cui meritiamo “il terrore nei cuori” e le strade che tremano: essere quel che siamo, amare la vita felice.

  • Annalena Benini
  • Annalena Benini, nata a Ferrara nel 1975, vive a Roma. Giornalista e scrittrice, è al Foglio dal 2001 e scrive di cultura, persone, storie. Dirige Review, la rivista mensile del Foglio. La rubrica di libri Lettere rubate esce ogni sabato, l’inserto Il Figlio esce ogni venerdì ed è anche un podcast. Ha scritto e condotto il programma tivù “Romanzo italiano” per Rai3. Il suo ultimo libro è “I racconti delle donne”. E’ sposata e ha due figli.