Philippe Verdier

“Puro teatro”. Il meteorologo francese Verdier smonta il summit sul clima

Mauro Zanon
Da quando France Télévisions ha deciso di licenziarlo, in ragione del suo ultimo libro climatologicamente scorretto, “Climat Investigation” (Ring), nessuno in Francia ha parlato di smacco alla sacra “liberté d’expression”. Intervista a Philippe Verdier.

Parigi. Da quando France Télévisions ha deciso di licenziarlo, in ragione del suo ultimo libro climatologicamente scorretto, “Climat Investigation” (Ring), nessuno in Francia ha parlato di smacco alla sacra “liberté d’expression”, nessuna manifestazione di sostegno (solo una piccola petizione su change.org) si è palesata, nessun corsivo indignato è apparso sui giornaloni che pensano bene. E il perché è presto detto. Philippe Verdier, ex responsabile del servizio meteo della più importante emittente televisiva pubblica francese, è andato a colpire lì dove, surtout pas, non bisogna colpire in questo momento, e cioè nel campo del clima, demolendo il pensiero dominante sulle conseguenze nefaste del riscaldamento globale e smascherando gli interessi politico-economici che stanno dietro la retorica verde. A Parigi sta andando in scena la grande messa dell’ideologia climatica, la Conferenza mondiale sul clima (Cop21), durante la quale 150 capi di stato e i rappresentanti di 195 paesi hanno deciso di riunirsi, dopo aver attraversato il mondo con aerei, barche e auto particolarmente inquinanti, per lanciare un appello alla sobrietà e all’urgenza di salvare il clima da una catastrofe che sarebbe imminente. Una grande impostura per Verdier, il quale, cacciato da France 2, ha trovato nella rete Russia Today la zona franca per commentare quotidianamente l’evoluzione della Cop21 tramite un’apposita rubrica: “Verdier Libre”.

 

“Ho scritto un libro critico nei confronti dell’Onu e della Cop21, che mi è costato il licenziamento da France Télévisions. Avrei dovuto coprire la Cop21 per la più importante emittente televisiva pubblica francese, ma non è stato possibile perché hanno deciso di cacciarmi per via di ciò che ho scritto. Russia Today France mi ha proposto di essere il loro commentatore durante la conferenza sul clima. Ho risposto di sì a condizione di avere la massima libertà editoriale. Mi hanno dato carte blanche e ora sono qui a commentare per loro”, dice al Foglio Verdier. Oltre a ridurre le emissioni di CO2, bisognerebbe ridurre le emissioni di ipocrisia, e farla finita con i toni catastrofisti che caratterizzano da vent’anni le Conferenze mondiali sul clima. “Si sente sempre la stessa litania. La Cop21 è uguale alle venti conferenze che l’hanno preceduta. E’ una pièce de théâtre, i toni sono al solito drammatici, la cronologia è la stessa, il periodo in cui si svolge è lo stesso, le persone che si ritrovano per le negoziazioni sul clima sono le stesse”, spiega Verdier. “E’ una grande messa nella quale si dice sempre ‘Dobbiamo fare presto’, ‘Dobbiamo salvare il pianeta prima che sia troppo tardi’, dove ogni capo di stato dice che il ‘clima è importante’. Poi però quando si entra nelle sale per discutere concretamente ci sono sempre grandi tensioni, le posizioni sono profondamente divergenti, e anche se ci sarà un brandello di accordo alla fine della Cop21, servirà a ben poco”.

 

Il ministro dell’Ambiente italiano, Corrado Clini, ha dichiarato che un accordo vincolante non farà altro che dirigere la Cop21 verso il fallimento e che la conferenza sul clima non è la sede adatta: “Sono assolutamente d’accordo con il vostro ministro. Il secondo capitolo del mio libro è interamente dedicato al fallimento dell’Onu sui cambiamenti del clima. Denuncio l’imbarazzante allineamento tra calendario politico e climatico, la pressione esercitata sulle redazioni dei servizi meteo mondiali affinché sfornino bollettini apocalittici, i grandi interessi economici dietro fiumi di belle parole sulle energie rinnovabili e la censura degli scenziati che si oppongono al pensiero unico sul global warming”.

 

[**Video_box_2**]A questo si aggiunge la stampa, principale coadiuvante nella drammatizzazione della situazione climatica. “Le prime pagine sono le stesse ogni anno: ‘Quindici giorni per salvare il clima’, ‘E’ ora di agire sul clima’, e contribuiscono alla drammatizzazione della conferenza. E’ puro teatro. Quando la pièce de théâtre sarà finita, nessuno si interesserà più a quello che sta succedendo, ed è molto frustrante per coloro i quali sono realmente preoccupati per il clima”. Inoltre, in simultanea con le negoziazioni del Bourget, in ogni angolo di Parigi ci sono vernissage, esposizioni e installazioni legate alla Cop21, ma molto poco in sintonia con la morigeratezza invocata dai conferenzieri. “Davanti al Panthéon, dodici enormi blocchi di ghiaccio formano un orologio che vuole rappresentare l’urgenza della lotta contro il riscaldamento globale. L’installazione è intitolata ‘Ice Watch Paris’ ed è stata ideata dall’artista islandese Olafur Eliasson. La gente si fa i selfie davanti all’installazione, i fotografi si accalcano, i giornali ne esaltano il forte valore simbolico, ma nessuno evidenzia la contraddizione con la retorica della sobrietà proferita in questi giorni. E’ costata tantissimo non solo a livello economico, ma anche in termini di emissioni di CO2, dato che i blocchi degli iceberg galleggianti provenienti dalla Groenlandia sono stati trasportati all’interno di container refrigerati su delle navi fino in Danimarca e su dei camion fino a Parigi”.

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