Domani la Sanità italiana sciopera, ma sulla spesa continua a girare attorno ai problemi
Domani ci sarà lo sciopero generale della Sanità nel nostro paese. In cima alla lista dei problemi lamentati c’è il nodo delle risorse pubbliche. Per ragionarci conviene partire dal rapporto annuale del Cergas sul sistema sanitario italiano, presentato negli scorsi giorni. Oltre che per la consueta e preziosa ricchezza di dati, il rapporto si caratterizza per alcune proposte finalizzate a migliorare l’efficacia e l’efficienza del sistema sanitario. In particolare si suggerisce una rivisitazione dei diversi canali di accesso in base alle diverse condizioni di salute, ammodernamenti organizzativi e tecnologici soprattutto a livello di aziende ospedaliere, attento dimensionamento delle aziende sanitarie con processi di accorpamento e fusione, maggior integrazione pubblico/privato, più elasticità nella gestione del personale e altro ancora. Probabilmente il particolare posizionamento del Cergas (Università Bocconi) tende a favorire una impostazione molto più attenta alle problematiche aziendali rispetto a quelle generali di sistema. L’ottimo lavoro contenuto nel Rapporto e le proposte, sostanzialmente tutte condivisibili, dimenticano infatti alcuni importanti limiti generali del Ssn italiano e i necessari conseguenti interventi. Essi sono sostanzialmente quattro.
1. I cambiamenti demografici in atto da diversi decenni e quelli già annunciati richiedono che il sistema sanitario italiano si adegui alle nuove esigenze di salute: meno concentrazione nel settore delle cure per acuti ed estensione dei servizi per la cronicità e la disabilità, il cui onere è ora prevalentemente a carico delle famiglie. E’ dunque necessario proporre, a parità di spesa complessiva, un significativo spostamento di risorse tra i due settori dell’ordine di 5-10 miliardi di euro l’anno a regime. Ciò significa avere la forza di scontrarsi con gli interessi interni al mondo della sanità, concentrati soprattutto nel settore ospedaliero per acuti. Nei fatti significa scegliere tra gli interessi di salute dei cittadini e quelli tradizionali della sanità, così come ora organizzati.
2. Sottrarre, non a parole (quelle in particolare dei presidenti di regione, dalla Lombardia alla Sicilia, senza eccezioni) ma con regole serie e realmente efficaci, le nomine dei Direttori generali delle aziende sanitarie ai partiti, e tramite quelle impedire che il controllo degli appalti, delle assunzioni e di tutte le altre nomine continui ad essere il più importante canale di consenso elettorale per i partiti a livello regionale e locale.
3. Difendere il diritto dei cittadini a disporre di servizi sanitari decenti in ogni regione, introducendo il commissariamento di quelle regioni (la maggioranza) che non rispettano il raggiungimento dei Livelli essenziali di assistenza (Lea). Un Commissariamento vero, a differenza della farsa accettata per anni da tutti sulle regioni in deficit (centrodestra e centrosinistra allo stesso modo) con un comodo silenzio.
[**Video_box_2**]4. Introdurre strumenti di valutazione quantitativa vera e indipendente di tutti i servizi, strutture e operatori in campo sanitario e far dipendere da essi finanziamenti, premi e penalizzazioni, anche di carriera. Rendere tutti i risultati disponibili facilmente per gli utenti affinché essi possano scegliere liberamente, determinando il successo o il fallimento dei diversi soggetti erogatori. In tal modo l’Italia cesserà di essere il fanalino di coda fra i paesi europei e quelli industrializzati a livello di diritti degli utenti, valutazione e merito, così come testimoniato da tutti i principali indicatori internazionali.
Dunque bene il lavoro e le proposte dei ricercatori del Cergas, ma sarebbe bene tenere conto non solo delle problematiche interne al mondo sanitario, ma delle esigenze di salute del paese e dei cittadini.
Marcello Crivellini e Filomena Gallo sono rispettivamente Consigliere generale e Segretario dell’associazione Luca Coscioni
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