Continua la saga giudiziaria della Xylella infame
Qualche mese fa su queste colonne, parafrasando il racconto manzoniano della caccia agli untori, l’avevamo definita “Storia della Xylella infame”. Voleva essere un monito per la giustizia che si fa trascinare nella “pazza paura d’un attentato chimerico” e non di certo l’indicazione di un piano d’azione. Purtroppo, dati gli ultimi sviluppi giudiziari, gli eventi stanno percorrendo la seconda strada. Nell’ambito dell’inchiesta sulla Xylella, il patogeno da quarantena che secondo gli scienziati è determinante nel disseccamento degli ulivi che sta colpendo il Salento, la procura di Lecce ha iscritto nel registro degli indagati dieci scienziati e ricercatori oltre al commissario per l’emergenza Giuseppe Silletti e ha disposto il sequestro degli ulivi che dovevano essere eradicati secondo il piano per il contenimento del batterio. Gli indagati sono accusati di diffusione colposa della malattia delle piante, violazione dolosa e colposa delle disposizioni in materia ambientale, falso materiale e ideologico, getto pericoloso di cose, distruzione di bellezze naturali. Non sorprende solo che vengano accusate alcune delle persone più competenti e che più hanno lavorato per combattere un patogeno e una patologia contro i quali a oggi non esiste cura, ciò che lascia sbigottiti sono le motivazioni con cui vengono accusati gli “untori”.
Da un lato l’Università di Bari, il Cnr, centri di ricerca internazionali come lo Iam e altre istituzioni pubbliche sarebbero responsabili dell’introduzione in Italia della Xylella, all’interno di una strategia in cui ci sono anche gli interessi di una multinazionale, la temibile Monsanto, che oramai viene vista come una specie di P2 dell’agroalimentare, sempre al centro di trame e complotti. Dall’altro lato si sequestrano gli ulivi, impedendo le eradicazioni concordate con l’Unione europea – che nel frattempo ha avviato una procedura d’infrazione nei confronti dell’Italia per i ritardi nell’attuazione del piano –, perché non esiste “un reale nesso di causalità tra il batterio e il disseccamento degli ulivi”. Quindi la Xylella perfidamente introdotta non sarebbe dannosa per gli ulivi. Inoltre, sempre secondo la procura, il batterio in questione non è di recente introduzione in Puglia, ma sarebbe presente in 9 ceppi diversi da circa 20 anni. L’ipotesi quindi è che le persone indagate avrebbero introdotto e favorito la diffusione di un batterio già esistente e innocuo per gli ulivi, al fine di imporre per interessi economici un piano di emergenza contro una patologia che non dipende dal batterio introdotto. Ipotesi ardita.
[**Video_box_2**]Quando un’inchiesta si poggia per aria più che su basi concrete, si parla solitamente di “teorema giudiziario”. Ma non è questo il caso visto che un teorema per reggersi in piedi dovrebbe quantomeno rispettare delle implicazioni logiche interne, a partire dal principio di non contraddizione. Qui siamo all’assurdo, parlare di teorema equivale a dare una patente logica all’ipotesi accusatoria. Gli indagati, per quello che può valere, hanno ricevuto la solidarietà di società scientifiche nazionali e internazionali e della rivista scientifica Nature che ha parlato di “scienziati calunniati”. Giovanni Martelli, professore emerito dell’Università di Bari e noto virologo vegetale, si è occupato da vicino della questione e dice al Foglio che le accuse ai suoi colleghi “sono una follia: è molto preoccupante che delle persone possano essere vittima di accuse indimostrabili e senza alcun fondamento”.
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