La via balcanica del jihad in provincia di Cremona: sorvegliata speciale
Milano. Viveva in provincia, aveva un permesso di soggiorno, un lavoro precario e voleva diventare un altro dei foreign fighters fai-da-te. Si era addestrato da solo sul web. Hamil Mehdi, il venticinquenne di origine marocchina arrestato ieri all’alba dalla Digos di Cosenza, ha un profilo simile a tanti immigrati musulmani partiti per la terra promessa del Califfato. “Un caso da manuale”, secondo il coordinatore della Dda di Catanzaro, Giovanni Bombardieri. Ormai le forze di intelligence hanno puntato i riflettori su tutti i luoghi di provincia, nelle periferie di città e comuni, dove gli islamisti più radicali credono di mimetizzarsi con facilità. Si riuniscono in centri culturali anonimi, nascosti fra i capannoni industriali. O addirittura in vecchie cascine. Difficili da controllare perché si tratta di luoghi che ospitano gruppi piccoli, spesso legati da vincoli familiari. Impenetrabili. Da Treviso fino a Siena, l’attenzione spesso è rivolta agli immigrati che vengono dai Balcani. Soprattutto i kosovari, che da diversi anni cercano un ponte dall’Italia per raggiungere la Siria attraverso enclavi salafite.
E’ a Cremona che si trova lo snodo principale dell’asse kosovaro-bosniaco che riconduce alla pista balcanica per il jihad nel Califfato. A Motta Baluffi, un piccolo comune nel cremonese – due strade circondate da campi coltivati e 968 residenti – nel 2011 suscitò clamore la presenza dell’imam bosniaco Bilal Bosnic, il predicatore itinerante del jihad, ora in carcere in Bosnia per aver reclutato diversi mujaheddin da inviare in Siria. Sempre a Motta Baluffi si trova un casolare che nel 2008 venne acquistato dal bosniaco Berisa Zenelj per 210 mila euro – come dimostra l’atto di vendita visionato dal Foglio. Dopo aver comprato il casolare per conto della sua onuls “Associazione Kosovara”, Berisa Zerelj se ne tornò nella sua terra, affidando la gestione dell’associazione a un parente, scappato in Germania. E se ne è andato anche il custode del casolare, poco prima della strage di Parigi, dicono in paese quei pochi che hanno voglia di parlare. Ora l’Associazione kosovara si riunisce al casolare solo di domenica, “ma non danno fastidio”, dice al Foglio il vicesindaco leghista, Simone Agazzi. Un luogo frequentato anche da Resim Kastrati, kosovaro di 22 anni espulso dopo aver esultato sui social network per la strage di Charlie Hebdo. Kastrati fu poi avvistato in Germania in compagnia di un pachistano già arrestato dai Ros di Brescia. “Ora che il loro capo è andato in Germania, per la preghiera si disperdono nella provincia”, ci hanno raccontato in paese. In ogni caso, l’associazione proprietaria del casolare continua a essere attiva e due settimane fa ha chiesto al sindaco una palestra per fare una “festa”. Tutti indizi che dimostrano, come ci hanno detto alcuni analisti della Digos, che i kosovari hanno scelto come punto di riferimento Cremona. E durante il fine settimana arrivano fin dalla provincia di Brescia per ritrovarsi. Sorvegliatissimi.
[**Video_box_2**]E’ qui, nel primo centro islamico kosovaro acquistato in Italia con finanziamenti arrivati dalla Bosnia, che è venuto a predicare anche Mazllam Mazzlami, imam radicale arrestato l’anno scorso in Kosovo. In un recente report dell’Ispi, l’islamologo Giovanni Giacalone ha osservato: “Il Kosovo oggi viene segnalato come il paese con il maggior numero di volontari partiti per il Califfato. La forte instabilità politica nella quale si trova attualmente il paese potrebbe facilitare l’ingresso di possibili jihadisti di ritorno”. Senza dimenticare che nel dicembre scorso quattro cittadini kosovari erano stati arrestati nel bresciano in un’operazione antiterrorismo coordinata dalla polizia italiana e quella kosovara. Ecco perché lungo la provinciale che collega la periferia di Brescia al ventre molle della campagna cremonese, il sodalizio bosniaco-kosovaro desta molta inquietudine.
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