Il presidente del Consiglio Matteo Renzi (foto LaPresse)

Storia, con amicizie e litigi, dell'“itinerarium Renzis in deum”

Claudio Bozza
Può un politico, profondamente cattolico, emanciparsi dai dogmi della fede e cambiare rotta? Matteo Renzi, sulle unioni civili, lo ha fatto già dal 2012.

Roma. Può un politico, profondamente cattolico, emanciparsi dai dogmi della fede e cambiare rotta? Matteo Renzi, sulle unioni civili, lo ha fatto già dal 2012. Quando, vedendo per la prima volta Palazzo Chigi all’orizzonte, capì che per un leader di governo doveva prevalere il pragmatismo, nel caso specifico il dovere dello stato di normare una realtà (italiana) senza regole. Non è stato però l’effetto di un calcolo cinico di convenienza politica, bensì la summa di importanti fattori ed esperienze, anche private, che, in un lento ma inesorabile cammino, hanno fatto cambiare idea al premier cattolico. Con un azzardo, parafrasando San Bonaventura, potremmo chiamare questo percorso “Itinerarium Renzis in deum”. All’inizio di questo itinerario, prima dell’impegno politico, è stata centrale anche l’esperienza scout, che ha consentito al futuro Rottamatore di stringere grandi rapporti di amicizia, anche con persone che si sono poi rivelate importanti nella sua scalata politica. Uno di questi è il senatore Roberto Cociancich, ex “capo” del lupetto Renzi e oggi presidente della Conferenza mondiale dello scautismo cattolico, che nel ’95 al termine di un campo a Sant’Antimo scrisse: “Matteo ha doti da leader, lo vedremo crescere”. Oltre 20 anni dopo, nonostante il forte legame, su un tema etico così importante anche l’ex capo scout (voluto nel listino), nonostante i numeri risicati a Palazzo Madama non fa sconti: “Sulla stepchild adoption chiedo chiarezza, perché come dice il nostro ordinamento: avere figli non è un diritto, ma sono loro ad avere dei diritti”.

 

Rispetto al Renzi di oggi può sembrare fantascienza, ma forse non tutti ricordano che, nel 2007 con Prodi al governo, l’allora presidente della Provincia di Firenze (versione Margherita) sfilò in piazza per il Family Day, contestando i Dico bindiani, versione oltretutto pallida della legge Cirinnà che include pure le adozioni gay: “Non ritengo quella delle coppie di fatto una questione prioritaria su cui stare mesi a discutere, per poi trovare una faticosa mediazione – tuonò in una intervista ad Avvenire – Mi sembra un controsenso rispetto alle vere urgenze dell’Italia”. Urgenza, di garantire i diritti agli omosessuali, che però è arrivata negli ultimi mesi, osservando la cartina dell’Europa con le bandiere arcobaleno: “Siamo l’unico paese senza una legge, è una vergogna – dichiara oggi Renzi – E’ un tema etico, per questo ogni parlamentare, anche del Pd, avrà massima libertà di voto. Ma per me la legge sulle unioni civili va avanti così, stepchild adoption inclusa”. Cosa è successo, negli ultimi nove anni, di così rivoluzionario nella testa del premier? Tanti episodi e tanti incontri. In particolar modo quello con Alessia Ballini: ex assessore della giunta provinciale e pasionaria della sinistra Ds sui diritti civili, scomparsa giovane nel 2011 e con la quale Renzi legò moltissimo nonostante il solco culturale che li divideva. Il già scoppiettante leader cattolico, fino ad allora, quel mondo (senza diritti, perché senza legge) lo aveva conosciuto solo a distanza, condizionato anche dalla barriera del credo. Vivere quella realtà da vicino per la prima volta, però, lo spinse oltre, a capire. A dire, con forza, alla Leopolda del 2012 che “nei primi cento giorni di governo” sarebbe stata approvata la legge sulle unioni civili, sul modello anglosassone delle civil partnership. E poco importa, a pochi metri dal traguardo, se quel mantra renziano dei “cento giorni” è diventato realtà quattro anni più tardi, con una maggioranza trasversale destra-sinistra, con i forti mal di pancia tra i cattolici del Pd, e anche con qualche animato confronto in famiglia, con la moglie Agnese, profondamente cattolica, che sulla stepchild adoption non sarebbe affatto favorevole. La bussola della Realpolitik traccia un’altra direzione.

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