Flop vs Flop
E’ stato molto più che un flop, termine mondano. Quando il teatro è “quasi” pieno e i critici ti dicono “appesantito” e i tifosi e anche i tuoi collaboratori scusano la tua performance “dopo tanti anni”, lo spettacolo è bello che fottuto. Questo poi del Teatro Ciak a Milano, con Grillo contro Grillo, doveva essere una Trasfigurazione mistica, una sovrapposizione di immagine e di carne e di spirito capace di generare il colmo di emozione. Dal teatro alla politica, dalla politica al teatro passando per il mitico blog.
Avevamo avvertito, e non era solo per disprezzo dell’avventura antipolitica fuori tempo: Grillo è un attore annoiato, stufo del botteghino che va cousy-cousa, prima non gli erano bastate le barzellette a Sanremo, poi il cinema lo ha deluso, le marchette non soddisfano l’ego, poi il cabaret politico contro i computer con qualche idea buddista mica male, infine la scoperta della democrazia diretta à la Casaleggio e il vaffanculo tra piazza e web. Il percorso era prevedibile, e lo spirito pubblico beffardo ha insignorito questo Calvero pieno di idee confuse e di compassione per sé stesso del titolo di leader. Di cui, anche questo era prevedibile, si è altrettanto annoiato. Qui nasce Grillo vs Grillo, qui nasce il flop, la delusione per i bagarini, il profilo tragico che non si leva alto, non fa prologo in teatro secondo lo schema tragico di Goethe.
Il direttore del teatro. Desidererei assai andare incontro al gusto della folla, sopra tutto perché vive e fa vivere. Siedono già tranquilli, inarcano le ciglia e si attendono meraviglie. So come ci si concilia l’animo del pubblico, eppure non sono mai stato così impacciato. Certo è che non sono abituati alle cose migliori… come otterremo che tutto sia fresco, nuovo, piacevole, e pieno anche di significato?
Il poeta. Non mi parlare di quella turba variopinta alla vista della quale l’animo vien meno. Nascondimi quella massa ondeggiante che ci trascina, riluttanti, nel gorgo… Cercate soltanto di confondere gli uomini, accontentarli è difficile.
(Goethe, Faust)
[**Video_box_2**]Grillo aveva dimenticato che il ragout del teatro è un fare a pezzi e un confondere il pubblico, alla politica si chiede vivezza, spettacolarità, fun, ma in un ordine che ha del razionale in cui la pretesa dell’arte è accontentare gli uomini, non confonderli. Per questo in lui, ora che con questo epilogo in teatro esce dall’immaginazione dei vincenti come un qualunque candidato sfortunato in Iowa, ciò che è tragico è noioso e ciò che è noioso è tragico. Ondeggiamenti, grida, quel volere “cambiare l’Italia” e propinare “analisi da comico”, quel recupero della sua libertà dal manicomio di cretinate affannose che aveva messo in piedi tra folle ondeggianti in comizi privi di senso, tutto questo lo si era già capito da quell’8 settembre del suo ingresso in politica. Non c’era stato bisogno del ritiro del nome dal blog e della sera della prima al Ciak. Lo avevano capito tutti, per primi i giornalisti vil razza opportunista e i membri del direttorio termidoriano che ora con sorrisi da pescicane si spartiscono le spoglie dell’ennesimo piccolo partito. Mentre la storia del comico leonino mai così impacciato procede nella compostezza matura e sonnacchiosa di un piccolo pubblico che vive e fa vivere, ma non è abituato alle cose migliori.
Il Foglio sportivo - in corpore sano