Rcs dopo gli Agnelli
Roma. Rcs come la sora Camilla, Corriere della Sera come la Ferrari. Ancora scenari editoriali. In vista del cda del 18 febbraio del gruppo milanese, ancora Risiko tra Milano, Torino e Roma. Cosa faranno dunque gli Agnelli/Elkann della loro partecipazione nel Corriere? Sul Foglio si è scritto che verrà ceduta, non si è stati smentiti. Tocca capire allora i modi e i tempi. Che potrebbero essere diversi da quelli immaginati. Ragionando con fonti agnelliane possiamo arrivare a tre scenari. Primo scenario: John Elkann, di comune accordo con Sergio Marchionne, decide di uscire e basta: in questo caso Torino porta a casa una perdita enorme. Il titolo Rcs in Borsa ieri valeva 0,5 euro (con un crollo notevole, quasi del 10 per cento, di questo parleremo in seguito). Sono disposti i torinesi a uscire con una perdita del genere? E chi acquista, in questo caso, il loro 16 per cento? Di sicuro non Urbano Cairo, l’editore molto in ascesa, e unico “del mestiere” nella compagine azionaria Rcs, ma che non ha la forza economica per incrementare la sua posizione. Per inciso, ieri proprio Cairo, che possiede il 4,6 per cento, ha detto che secondo lui i torinesi non usciranno dalla società del Corriere. Chi altri potrebbe acquistare? Non Diego Della Valle, che non pare certamente intenzionato a incrementare il suo 7,3 per cento. Al Foglio risultano voci di imprenditori e banchieri interessati. Però, anche ammesso che queste siano vere, il tema non è solo di liquidare la quota Fiat (coi denari che andrebbero a Torino); il problema è trovare qualcun altro che investa denari a Milano, cosa molto più difficile. Il punto insomma è: chi è disposto a investire? Certo sono cifre da saldi, ai valori attuali Rcs vale sul mercato circa 250 milioni di euro, dunque con – diciamo – meno di 200 milioni si porterebbe a casa la maggioranza, si potrebbe lanciare addirittura un’Opa).
Secondo scenario, meno traumatico: aumento di capitale imminente (altri duecento milioni); gli Agnelli non partecipano e rimangono, la loro quota resta ma viene diluita, anche qui però rimane il problema per Rcs: dove trova il denaro fresco per sostenere la sua attività? Il crollo del titolo degli ultimi tempi starebbe a indicare tra l’altro che il mercato crede a questo aumento di capitale.
[**Video_box_2**]Terzo e ultimo scenario, il più affascinante e il più a lungo termine: viene fuori ragionando con un osservatore di cose torinesi. Agli Elkann non piace perdere soldi, inoltre il Corriere in sé è ancora un asset notevole per quanto acciaccato. Ripulito di tutti gli ammennicoli intorno è un gioiello, i conti non vanno male, è ancora uno dei pochi giornali considerati di qualità in Europa. Lo leggono nelle ambasciate e nelle cancellerie, è come il Monde in Francia e il Times di Londra. E’ un brand, un simbolo del made in Italy (ripulito delle fioriture, come sta facendo il nuovo ad Laura Cioli). E’ una Ferrari; e come l’azienda delle auto sportive potrebbe generare valore invece di bruciarlo. Ideona, dunque: gli Agnelli escono, ma si portano dietro il Corrierone: ecco dunque un Corriere scorporato da Rcs e rilanciato. E c’è poi un altro brand notevole in pancia a Rcs; la Gazzetta dello Sport. E qui, ulteriore scenario. Date le “inesistenti” sinergie occorse tra Corriere e Gazza a livello editoriale, dato l’alto tasso di litigiosità tra Elkann e Della Valle, uno scorporo dei “marchi di lusso” di Via Solferino potrebbe portare alla suddivisione tra Corriere ai torinesi e Gazza ai signori delle scarpe. Un’ipotesi che spianerebbe poi la strada all’altra eventualità, quella più estrema, di fusione tra Corriere e Repubblica, di cui molto si è parlato e che sarebbe anche simboleggiata dal cambio di direttori nei due quotidiani, con Mario Calabresi a Largo Fochetti dalla Stampa. Fantasie? Si vedrà. Intanto, proprio della Stampa, storico quotidiano agnelliano, si è parlato pure negli ultimi mesi: di una vendita di Itedi, la società che la controlla insieme al Secolo XIX. Tra i possibili acquirenti, il gruppo Caltagirone. Ma almeno questo scenario viene smentito. Stampa e Secolo “non sono in vendita”, dicono al Foglio da Exor, la finanziaria di casa. Questa partita almeno è fuori discussione.
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