Aperitivi, droga, omicidio, “effetto che fa”. Cosa succede a Roma se Bret Easton Ellis incontra Gadda
Roma. “Every fucking sunday” è il motto di questo aperitivo gay che si tiene ogni maledetta domenica al Colle Oppio, e il maledetto aperitivo è andato in scena anche domenica scorsa quando già si è saputo che uno degli organizzatori sarebbe l’assassino di un delitto assai tremendo.
Marco Prato, trentenne dalla folta capigliatura, è uno dei due fermati per aver ucciso, dopo due giorni e due notti di sostanze e sevizie, il ventitreenne Luca Varani, ritrovato in un appartamento del Collatino, periferia est di Roma. La dinamica è ormai nota: il ventitreenne viene attirato giovedì con un sms, “dai che stasera ci divertiamo”, e poi se ne perdono le tracce, fino a sabato sera, quando i due presunti (di cui uno confesso, Manuel Foffo) assassini riemergono, e il confesso chiama il padre, che lo porta dai carabinieri, e permette di salvare anche il non-confesso, che nel frattempo non è andato a organizzare i suoi aperitivi ma a ingerire pasticche per uccidersi, salvato e poi piantonato dai medesimi carabinieri.
Mentre domenica si svolgeva l’autopsia sul povero ventitreenne però gli aperitivi andavano avanti, e la vasta clientela un po’ si stupiva di questo “show must go on”, ma sopra il Colle Oppio l’aperitivo che si chiama “Ah però”, e si svolge sopra le spoglie della Domus Aurea, non lontano da via Merulana, nella quiete surreale di questi giorni senza sindaci e con vigili e milizie a presidiare Santa Maria Maggiore, continuava. La società dell’aperitivo era lì, si riuniva, intorno alle parche vivande – fettine di würstel popcorn patatine e gran frittate, vivande a poco prezzo, da festa delle medie, e tutti sapevano, avevano saputo, del fattaccio e pasticciaccio, in questo Os Club, con piscina azzurra, già segnalata dal sito Degrado Esquilino, ma qui siamo nel degrado morale e non catastale. Recentemente era stato spostato, sempre all’interno di questo villaggio per aperitivi sopra la casa di Nerone, aveva cambiato nome in “Le scuderie del colle”, a dare tutta un’ambientazione country tra saloon e capannetta e “Brokeback Mountain”, senza le luci al neon blu da Autogrill del passato, ed è forse per questo rebranding e di questa start-up che l’apericena doveva andare avanti senza fermarsi, davanti agli organizzatori e consumatori di popcorn un po’ allibiti che pure hanno consumato, anche domenica sera, pur a conoscenza dei fatti.
E in assenza di lui, Marco Prato, “studente fuori corso”, e soprattutto organizzatore di eventi, di questo “Ah però” e altre serate, portatore di vasta capigliatura, di coloritura e popolarità local, di piccoli precedenti per droga, pare. Campione di una società romana non dello spettacolo ma dell’apericena, “i capelli neri e folti e cresputi che gli venivan fuori dalla metà della fronte”, come nella descrizione di Gadda è il commissario Ingravallo che indaga sul delitto, ma qui invece è l’assassino: “Una certa praticaccia del mondo”, aveva, questo Marco Prato, sempre per dirla alla Gadda, e tutti hanno un aneddoto vero o presunto, da raccontare, e quest’estate a Mykonos, certe feste all’insaputa dei padroni di villa in cui era ospite, e tanta droga, e forse addirittura truffe, a mercanti d’arte, anelli spariti per comprarsi la droga, minacce di rivelare foto compromettenti, in questa società romana dell’avanspettacolo tardoadolescente. Cosa succede se Bret Easton Ellis incontra Carlo Emilio Gadda? Già, perché qui è un pasticciaccio brutto ma con personaggi che sembrano usciti dai libri dello scrittore feroce dei giovani imbruttiti delle classi alte. Della crudeltà gratuita agli inquirenti local, i militari della compagnia piazza Dante e del Nucleo investigativo di via In Selci, stessi luoghi esquilini del giallo gaddiano, ma in questo caso in palio non ci sono i milioni del “palazzo degli ori”, e il connubio pettorale&capitale pare ellisiano, anche se le bacheche Facebook tragicamente ancora aperte illustrano un mondo di incertezza lessicale ed emotiva molto romana. “Roma sta morendo, e sentirne le grida agonizzanti è davvero straziante!” scrive su Facebook il Prato, e poi mille milioni di selfie, e soprattutto acconciature, e “new haircut”, a segnalare nuovi tagli di capelli, e “forever young” a petto nudo in qualche pool party. Reuccio di questo post cafonal romano con riti propri, un fotografo offerto dalla casa, che con vasti filtri produce album che finiscono su Facebook, e poi ci si mette tanti “mi piace”, anche a se stessi.
Accoppiamenti non giudiziosi: queste nottate “chemsex”, con le sostanze, droga e poco sesso, pare, perché con molta droga e molto alcol si sa come va a finire, e come scrive il sito Gay.it i due piantonati erano soliti condurre questo tipo di nottate, dove “tutto si faceva tranne che scopare”, e insomma il povero Varani è stato seviziato con martellate e coltellate e piccoli taglietti, e pare non vi sia stato eros né priapo, anche se nuda la vittima è stata ritrovata. Però che destino crudele per questo ragazzo già bosniaco, abbandonato dalla famiglia, rinato a Roma da altra famiglia non naturale ma facoltosa e amorosa, che lo adottò. Morto al quartiere Collatino per curiosità, per brama, forse di denari o di emozioni forti. Motteggi di postadolescenze da grande raccordo: “Dall’Isis ce pijo la frutta”, dice una foto sul suo Facebook, e poi foto di grandi piatti “Spuntino de mezzanotte hhaahaha 250 g di pasta e 130 g di pancietta”, con la i nel testo, e poi una gif di Cenerentola al suo principe, lui le dice: “non puoi andar via a mezzanotte”, e lei: “fatte na sega”. Poi gattini, messaggi in un italiano sgrammaticato, e amori tatuati, e tante foto in canottiera, la canottiera essendo l’unico trait d’union evidente coi suoi presunti torturatori. E l’ultima foto di questa tragica bacheca, una dichiarazione di intenti, “Dio creò Adamo ed Eva, non Adamo e Claudio”, scrive nel suo ultimo post su Facebook (è davvero il male di vivere questo scempio di bacheche di morti e assassini lì, aperte a tutti); perché non era evidentemente gay o almeno gay ufficiale, anzi forse “cacciatore in utroque” per dirla gaddianamente, oppure addirittura omofobo e non omofilo, e forse il gusto è stato proprio nel metterlo in mezzo, e al diniego, scatenare la violenza, un delitto forse tecnicamente pasoliniano o anti pasoliniano, dipende dal punto di vista (al Colle Oppio vive anche Willem Defoe, che è stato Pasolini nell’ultimo film di Abel Ferrara).
[**Video_box_2**]Prato invece ha il mito di Dalida, il mito della cantante suicida, tante foto e canzoni, e della sua tomba, e infatti dopo aver abbandonato la scena del crimine in preda “ai mostri”, prende una stanza in un hotel per tentare un suicidio con barbiturici, e però la realtà abbassa tutto, non sceglie un grand hotel, almeno il De Russie dove si compie il delitto anche in “Gomorra”, e invece questo hotel tre stelle, San Giusto, vicino casa, sulla Nomentana, il suo quartiere d’origine, quartiere anfibio, borghese (il padre è Ledo Prato, manager culturale molto stimato, segretario generale della associazione Mecenate 90, ne fanno parte Alain Elkann e Giuseppe De Rita; protagonista della rinascita culturale romana negli anni veltroniani). E poi i casermoni, gli studenti fuori corso, e studente fuori corso è anche lui, in un’età in cui lo si può essere solo in Italia, 29 anni. Piazza Bologna, borghesie, studenti fuori sede, copisterie, legatorie. Per andare agli aperitivi bisogna almeno prendere la metro, ogni maledetta domenica.
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