Perché la nuova legge sull'omicidio stradale non cambierà niente
Tangenziale di Pescara, febbraio 2009, una domenica pomeriggio. Tre moto affiancano un'auto con a bordo marito e moglie. Succede qualcosa. Uno dei motociclisti sorpassa l’auto, gli altri due ci provano ma gli va male: il primo vola oltre la linea di mezzaria (rimarrà gravemente ferito), l'altro, che aveva provato a sorpassare da destra, resta schiacciato tra l'auto e il guard rail – morirà sul colpo, semi-decapitato dallo scontro contro la barriera metallica. Ne segue un processo e i giudici condannano l’automobilista: a seguito di uno screzio, ha zigzagato apposta per impedire ai motociclisti il sorpasso, la manovra è volontaria e lui è colpevole. La sentenza è dura, la pena severissima: 15 anni di reclusione per omicidio doloso (ridotti a 10 in appello).
E' un caso realmente accaduto, come quest’altro nella provincia lombarda. Un sabato sera del 2012. Piove. Una donna incinta guida un’auto con a bordo la sua famiglia (marito, padre, madre). Un uomo su un’altra vettura procede in senso contrario, con andatura apparentemente regolare. Improvvisamente, e inspiegabilmente, l’uomo devia e invade la corsia su cui sta guidando la donna: un frontale terribile, da cui per fortuna ne escono tutti senza ferite gravi. Si scoprirà che quello che ha provocato l’incidente, che sul momento si regge a malapena in piedi e farfuglia frasi insensate, è un pregiudicato per reati specifici che quella sera ha bevuto troppo. Viene condannato a duemila euro di multa per le lesioni lievi provocate con l’incidente e a un anno di arresto per la guida in stato d’ebbrezza. Ma non andrà in galera: la condanna andrà in prescrizione.
Questi due incidenti sono avvenuti prima che l’omicidio stradale (e le lesioni personali stradali) fosse legge dello stato. Ma cosa sarebbe successo se fossero già state in vigore? Molto probabilmente nulla. Nel primo caso, perché lo zig-zag dell’automobilista non sarebbe rientrato tra i comportamenti previsti dal nuovo omicidio stradale (del quale, per inciso, s’intravedono già profili di dubbia legittimità costituzionale: tagliare la strada ad una moto è in astratto meno grave che fare un’inversione ad U? e perché mai?); sia perché in quel processo i giudici avrebbero finito per applicare comunque l’omicidio doloso, in luogo di quello stradale. Il che dimostra, en passant, che non servivano nuove leggi per veder utilizzare il bastone del dolo nei processi per reati stradali.
Neanche nel secondo caso sarebbe cambiato granché: le nuove norme non sono applicabili alle lesioni "lievi", ma solo in presenza di feriti gravi o gravissimi. Perciò sarebbero rimaste invariate sia la sanzione (light) che l’epilogo (prescrizione). Eppure, non è di poco conto che un soggetto simile, peraltro già recidivo, continui a circolare (dovremmo preoccuparcene meno solo perché la sorte gli ha impedito di uccidere o di ferire gravemente?).
E' chiaro, restano ancora molti nodi irrisolti: ci sono evidenti schizofrenie legislative, create non si sa bene quanto volontariamente (una su tutte, la guida senza patente: è condotta aggravante le ipotesi di omicidio stradale, ma è stata depenalizzata come reato in sé, laddove cioè non provochi morti o feriti); restano i mille dubbi sulla reale possibilità che il condannato sconti la sanzione detentiva inflitta; non parliamo poi della mancanza, accanto alle pene muscolari ma simboliche, di una concreta prevenzione “su strada” delle imprudenze alla guida. Ora, grazie all’omicidio stradale, abbiamo però, finalmente, delle pene da carcere duro. Ma se ne ricorderà anche la casalinga di Voghera quando, di fretta per andare a prendere i bambini, avvertirà l’istinto di sorpassare sulla linea continua?
Di cosa parliamo quando parliamo di omicidio stradale:
Nelle intenzioni legislative, le nuove norme dovrebbero finalmente garantire quella certezza interpretativa e sanzionatoria da più parti reclamata (si puniscono, con pene che variano da 2 a 12 anni di reclusione, le ipotesi di omicidio stradale conseguenti a guida sotto l’effetto di alcool o droghe, nonché ad alcuni comportamenti eccezionalmente imprudenti: superamento, oltre una certa soglia, dei limiti di velocità; passaggio con semaforo rosso; guida contromano; inversione a U; sorpassi azzardati). Inoltre – tanto per ribadire il concetto, e farlo entrare a forza nelle aule di giustizia – si prevedono una serie di aggravanti (con pene fino a 18 anni, per esempio in caso di fuga o di guida senza patente); il raddoppio dei termini di prescrizione del reato; l’obbligo di arresto in flagranza; ma soprattutto il divieto per i giudici di bilanciare attenuanti e aggravanti al fine di mitigare la sanzione al reo (ovvero, di risparmiargli la galera).
Infine, nuove pene accessorie, come per esempio il “quasi-ergastolo” della patente, vengono introdotte solo per gli incidenti con morti o feriti gravi; mentre sostanzialmente invariati restano gli strumenti di mera prevenzione stradale (nessuna nuova multa e interdizione per le infrazioni senza conseguenze alla persona). In soldoni: alle sanzioni on the road vengono preferite quelle in the court. Più che alla prevenzione, si bada alla punizione. Con la speranza che la paura della galera, agendo da deterrente, freni gli automobilisti più spericolati dal passare col rosso o dal mettersi alla guida ubriachi o drogati; e che quegli automobilisti si ricordino di aver paura anche in situazioni di stress emotivo o di alterazione psico-fisica.
Il Foglio sportivo - in corpore sano