I corpi senza vita dell'autista e della guardia del corpo di Moro

L'Italia ha appreso col tempo (vedi Br) come prosciugare l'acqua in cui nuotano i terroristi. Lezioni per l'oggi

Lanfranco Pace
Tra Isis e Brigate rosse tutto è diverso: il profilo dei combattenti, le loro motivazioni, i loro obiettivi, le dimensioni del possibile teatro operativo, il radicamento territoriale. Anche le paure suscitate non hanno la stessa grana.  Ma oggi il nostro paese è più preparato.

La sera del 13 novembre dopo gli attentati a Parigi, molti addetti musulmani dell'aeroporto belga di Zavendem applaudirono. La mattina del 16 marzo 1978 quando si diffuse la notizia del sequestro di Aldo Moro e dell’uccisione degli agenti della sua scorta molti giovani si riunirono sulla scalinata della facoltà di lettere di Roma, qualcuno abbozzò passi di danza, qualcuno altro stappò una buona bottiglia, tutti applaudirono.

 


Ritrovamento del cadavere di Aldo Moro in Via Caetani, Roma


 

La fascinazione mista a paura per la potenza dispiegata è primordiale: è quella che si avverte tra le scimmie di Kubrik in “2001, Odissea nello spazio” quando il capobranco scopre la forza distruttrice di un osso usato come clava sul cranio dello scimmione ostile. E’ la sola similitudine possibile fra terrorismi così lontani. Tutto è diverso: il profilo dei combattenti, le loro motivazioni, i loro obiettivi, le dimensioni del possibile teatro operativo, il radicamento territoriale. Anche le paure suscitate non hanno la stessa grana.

 

Gli islamisti colpiscono nel mucchio indiscriminatamente per incutere terrore e indurre le nostre società alla paralisi: se un terrorista imbottito di esplosivo può farsi esplodere in qualsiasi posto affollato in una frazione di secondo solo perché non tiene alla sua vita, e questa è una differenza sostanziale con qualsiasi altra forma di azione terroristica nella storia, è evidente che non c’è difesa possibile, nella nostra vita quotidiana facciamo posto alla fatalità, ci si gioca la vita a dadi, la stessa macabra sfida che da decenni affronta Israele: a Tel Aviv nessuno fa salire tutti i propri figli nello stesso autobus.

 

Il brigatismo armato era invece selettivo. Aveva l’obiettivo di disarticolare lo stato e colpiva quasi esclusivamente poliziotti, carabinieri, guardie carcerarie, magistrati, uomini politici, più raramente nemici ideologici. I figli di ricchi e potenti andarono precauzionalmente a proseguire gli studi all’estero, qualche altro figlio di ricco e potente si protesse arruolandosi nello stesso movimento armato. La grande maggioranza degli italiani non si sentiva affatto nel mirino: questo ventre molle divenne con gradi più o meno alti di complicità il boccale in cui nuotava indisturbato il pesce terrorista. Secondo la vulgata i brigatisti erano compagni che sbagliavano e non si ha paura di un compagno che sbaglia. Con lui si parla: non c’era ancora la teoria compiuta dei sei gradi di separazione ma nell’Italia degli anni Settanta e Ottanta, già affetta da ipertrofia della politica, chiunque bisbigliava, parlava, comunicava con chiunque.

 

A differenza del terrorismo islamista il brigatismo non fu mai radicato in particolari quartieri, non ebbe le sue zone rosse. Anzi cercavano di nascondersi in un universo il più possibile piccolo borghese, lindo, anonimo, ordinato, e dietro uno stile di vita morigerato, la sera a letto presto e sveglia all’alba.  Dunque non fu il territorio a proteggerli, fu la parola. Che riuscì anche a scomporre la paura, a smaterializzarla fino a rimuoverla.

 


      

Un brigadista spara contro le forze di polizia; combattenti dell'Isis


 

Non esiste un movimento di massa che stia fiancheggiando l’azione dell'islam radicale, esiste una zona franca autocostituitasi in califfato e al più fremiti nell’opinione pubblica dei paesi musulmani. In Italia invece l’azione armata reclutava i propri adepti  e si sviluppava in un clima segnato da centinaia di manifestazioni di piazza, da milioni di ore di sciopero e migliaia di attentati dimostrativi ogni anno. La loro propaganda ideologica era povera e mal argomentata, puntavano tutto sull’azione, sulla forza simbolica del gesto per spingere alla guerra civile strisciante. Solo le stragi alla bomba, da Piazza Fontana alla stazione di Bologna, che sembrano ancora oggi sfuggire a ogni logica razionale, diffusero momenti di angoscia. L’edonismo occidentale non fu mai incrinato, le città erano vive, i cinema affollati, i ristoranti pieni, impazzavano i concerti rock e non si poteva mancare all’appuntamento con l’estate romana o con il festival di Massenzio.  

 

L’uccisione a Genova del sindacalista Guido Rossa che aveva denunciato un operaio per aver diffuso volantini delle Br in una fabbrica dell’Italsider provocò la reazione del partito comunista che da quel momento si oppose con ogni mezzo alla commistione, alla comprensione ambigua verso i compagni che sbagliano.  

 

Volevano uccidere il padre, i brigatisti, alcuni non solo metaforicamente. Trovarono Carlo Alberto dalla Chiesa, il Fouché della Repubblica che picchiò duro, impose la legge sui pentiti e trasse il massimo dall'arte della confessione. I brigatisti a capo chino cominciarono a parlare come fiume in piena e a chiedere perdono.

 

Il savoir-faire particolare dell’Italia, uno dei pochi paesi ad avere contrastato, combattuto per molti anni e infine vinto una forma diffusa e pericolosa di terrorismo endogeno, non fu costruito in un giorno. I servizi dell’epoca furono colti di sorpresa e largamente impreparati, proprio come gli americani nel 2001 e successivamente i vari paesi europei. I primi mandati di cattura per gli autori del sequestro del presidente democristiano furono per renitenza alla leva, l’intelligence aveva poco o nulla in mano. La presenza dei cosiddetti regolari legali, gente non schedata che viveva al proprio indirizzo abituale pur facendo parte a tempo pieno dell’organizzazione, complicava ulteriormente le indagini. Ci volle tempo per aggiornare gli schedari, metterci ordine, centralizzare le informazioni, far adottare leggi ad hoc.

 

Il brigatista presumeva di dovere rispondere un giorno delle sue azioni al popolo: non odiava i suoi nemici per quello che erano o pensavano ma per quello che facevano. Il terrorista islamico risponde a Dio, al profeta. Odia profondamente tutto quello che siamo. Viaggia molto per rinnovarsi alle fonti del fondamentalismo. Paradossalmente  dovrebbe essere più facile prosciugare la sorgente e lasciare i pesci senz’acqua.

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  • Giornalista da tempo e per caso, crede che gli animali abbiano un'anima. Per proteggere i suoi, potrebbe anche chiedere un'ordinanza restrittiva contro Camillo Langone.