I tre motivi del sindacato per dire Sì Triv
Il referendum pone una serie di questioni, ma ce n’è una che davvero colpisce e in un certo senso precede le ricadute economiche ed occupazionali. è una davvero che mi colpisce disopra le questione occupazionali ed economiche. È l’idea che, comunque vada, noi italiano il gas e il petrolio li possiamo sempre comprare, tanto ci sarà qualcuno nel mondo che l’estrae al posto nostro. Questa posizione non fa i conti con il fatto che non ci sono dubbi sulle garanzie di sicurezza nei siti in Italia, mentre ci possono essere dubbi per gli altri in giro per il mondo. Ma più in generale l’idea che ci sia qualcuno nel mondo a cui delegare il lavoro sporco in cambio dell’obolo dei paesi ricchi è un’idea che non mi appartiene ed è anche una scelta etica che c’è al fondo di questo referendum, con il suo retrogusto amaro dell’egoismo economico, sociale ed ambientale. Ci trasformiamo nello zio Sam che compra perché tanto c’ha i dollari. È qualcosa che non appartiene alla cultura del sindacato e alla cultura della sinistra. C’è poi il tema dell’occupazione e sentire i numeri al lotto da parte di molti sulla pelle dei lavoratori è tra le cose più spiacevoli di questi giorni. Esiste un distretto a Ravenna tra i più avanzati tecnologicamente proprio perché c’è un grande polo di estrazione e se qualcuno pensa di contabilizzare solo le persone che stanno sulle piattaforme dovrebbe ricordare che parliamo di un’area che attira investimenti, con circa 500 imprese che lavorano in quel distretto. I petrolochimici di Ferrara e Ravenna e si sono stabilizzati attorno all’estrazione, formando un polo chimico ed energetico importante. Non si contino solo i numeretti sulle piattaforme e dispiace che questa cosa venga sollevata anche nel sindacato, se con i suoi atti può mettere in difficoltà le persone. L’altro tema è quello della politica energetica. Bisogna ricordare con chiarezza che le rinnovabili non sono l’alternativa all’estrazione, ma una delle componenti essenziali del modello energetico del nostro paese su cui abbiamo investito tanto, circa 11 miliardi di euro che ogni anno i cittadini sborsano dalle loro tasche. Questo ci permette di avere insieme al gas il mix energetico più pulito d’Europa, senza nucleare e carbone. Il mix più pulito e più costoso, rispetto a quello di paesi concorrenti come la Francia e la Germania che è fondato sul nucleare e sul carbone. E se c’è chi lo vorrebbe ancora più pulito per renderlo più costoso, dovrebbe notare che non c’è un paese che funziona solo con le rinnovabili, perché non esiste ancora la tecnologia per poter rendere le rinnovabili in grado di soddisfare i bisogni energetici di una società sviluppata. Chi si lancia in una battaglia referendaria ideologica senza valutare tutti questi elementi sta facendo semplicemente ambientalismo di quartiere.
Emilio Miceli è segretario generale della Filctem-Cgil
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