Il Csm, finalmente, si incazza sul serio
Così si sono messi a fare sul serio, al Csm. Ed era ora. Sentite qua, state un po’ a sentire come hanno preso per le orecchie la loro collega Barbara Bresci e le hanno aperto un bel procedimento disciplinare. Ve lo ricordate quel botto causa fuga di gas in una palazzina di Sanremo, da dove una vecchina uscì purtroppo coi piedi in avanti e Gabriel Garko, l’attore, lievemente ferito prima di salire sul palcoscenico del Festival? Bon. Alla dottoressa Bresci, pm presso la procura di Imperia, toccarono le indagini. Era quest’anno, di febbraio. Il bel Garko figurava come testimone e ovviamente parte lesa. Certo che poi, bello era bello. E la povera Bresci, adempiuto il dovere del sopralluogo, non seppe trattenersi. Il tempo di tornare a casa, aprì la sua pagina Facebook: “Ma quant’è bello Garko?”. Scrisse proprio così la scellerata. E un’amica: “Era bello? L’hai guardato anche per me?”. “Eccome!”. E un’altra amica: “E ti sei rifatta gli occhi?”. “Eccome!”. Fine. Morale, com’è come non è, il procuratore capo di Imperia ha tolto subito l’inchiesta alla pm troppo presa dal Gabriel, per affidarla a una procuratrice aggiunta più sul modello Rottermeier.
Ma quel che è peggio, è che sono venuti a saperlo i mastini del Csm. E lì, ragazzi, non avete idea del pandemonio. Ma giustamente, bisogna ammettere, dopo che la sciagurata del galeotto “quant’è bello Garko”, aveva pregiudicato con le sue parole l’equidistanza nell’inchiesta. A Palazzo dei Marescialli, apprendere e lanciarsi in difesa dell’onore e dell’imparzialità della magistratura come manco un battaglione di Ivanohe, è stato un attimo. Cioè: aperto immediatamente, tramite l’inflessibile Sezione Disciplinare, un fascicolo sul “leso prestigio dell’istituzione giudiziaria”. Avviate ulteriori indagini su un altro post in cui pare che la dottoressa Bresci, allora era una mania, la sua, avesse addirittura speso qualche parola contro una presunta omosessualità del Garko suddetto. E per non farsi mancare niente, ordinate verifiche a tappeto sull’eventuale “violazione dell’obbligo di continenza” da parte del magistrato stesso. L’obbligo di continenza, già.
Dovessi dire la mia, la stangano. E fanno bene. C’è un limite a tutto, Cristo santo, devono essere esplosi al Consiglio superiore dell’autogoverno. Dagli torto, tu. L’insopportabile, avevano già sopportato. Rodendosi, ma muti. Soffrendo, ma fascicolarmente inerti. E che cazzo, si saranno consultati tra di loro, mo’ basta. Vai a dargli torto, tu. Non puoi. Dato che parlano i fatti, a testimonianza della pazienza loro. Avevano ingoiato Ingroia, che a inchiesta aperta concionava a canali unificati sulle infamie del presidente Napolitano. Oltreché sulle credibili virtù del teste Ciancimino. Ingoiato il collega Di Matteo che travagliescamente, quantunque travagliatamente, informava passo passo i cittadini-lettori sul procedere dell’inchiesta. Ingoiato lo straparlare di Milano, sempre a inchieste aperte, senza muovere foglia. Ingoiato i tarantini vagamente chiacchieroni con l’Ilva. I romani intensamente chiacchieroni su Mafia Capitale. E ingoiato questo. E ingoiato quello. Adesso basta. Ah, le piace Garko, alla collega di Sanremo? Ma teniamo l’onore, noi. Come si chiama? “L’obbligo di continenza”. E le faremo un paiolo così.
Il Foglio sportivo - in corpore sano