Ma quanto è sporca l'energia pulita? Tanti sussidi, tanta criminalità
Roma. “Dimmi, dov’è che nel mondo si trovano questi angeli?”. Così il premio Nobel per l’economia Milton Friedman rispondeva a un giornalista che criticava l’avidità alla base del capitalismo e proponeva un sistema in cui la società fosse gestita da persone disinteressate. La questione, in termini più o meno simili, si pone in questi giorni a proposito del referendum sulle trivelle e più in generale attorno al dibattito che ha riguardato la strategia energetica italiana. Gran parte dell’informazione, soprattutto a causa della contemporanea esplosione dell’“inchiesta sul petrolio” di Potenza e della pubblicazione delle relative intercettazioni, si è occupata di raccontare e denunciare quanto sia sporco e corrotto il settore dell’energia fossile e quanto sia ramificato il sistema di favori e collusione tra pubblico-privato. Di contro tutti, nessun escluso, hanno sottolineato quanto sia pulita l’energia rinnovabile e quanto siano necessari ulteriori sussidi per le rinnovabili per far diventare l’Italia “il paese più verde che c’è”. Energia sporca ed energia pulita, oltre che per la quantità di emissioni di Co2, hanno acquisito un significato etico. Viene da chiedersi, con Friedman, dove diavolo abbiamo trovato questi angeli per gestire in maniera così impeccabile gli oltre 12 miliardi di euro che piovono ogni anno sulle rinnovabili.
A portarci con i piedi per terra è uno studio di Caterina Gennaioli, ricercatrice alla London school of economics, e Massimo Tavoni, professore associato al Politecnico di Milano, dal titolo “Energia pulita o sporca: evidenze di corruzione nel settore delle energie rinnovabili”, appena pubblicato sulla rivista Public Choice. I ricercatori hanno studiato gli effetti degli incentivi per l’energia eolica su un periodo di 17 anni, dal 1990 al 2007, e sono giunti alla conclusione che “i sussidi all’energia rinnovabile attraggono appetiti criminali e favoriscono la formazione di associazioni criminali tra imprenditori e politici capaci di influenzare il processo di autorizzazione”. Questo sistema fatto di eccessiva regolamentazione stratificata nel corso degli anni e soprattutto di politiche d’incentivazione senza pari in Europa, per una sorta di legge naturale tende a produrre effetti perversi e corruzione.
I due ricercatori italiani hanno tentato e sono riusciti a indicare l’incremento della corruzione e dell’attività criminale prodotto dal sistema di “incentivi verdi”: “La costruzione di un parco eolico medio è associata a un incremento del 6 per cento dell’attività criminale”, scrivono, soprattutto nelle zone in cui ci sono istituzioni non efficienti ed eccessiva burocrazia. “Abbiamo cercato di isolare l’effetto il più possibile – dice al Foglio l’autrice dello studio, Caterina Gennaioli – considerando un fattore esogeno come la ventosità e confrontando le province più ventose con un gruppo di controllo di altre province poco ventose ma molto simili dal punto di vista socio-economico e istituzionale”.
Cosa è successo con il boom dei sussidi all’eolico? Nelle province più ventose, dove è poi stata installata una grande quantità di parchi eolici – basti pensare che le sole province di Foggia, Benevento e Avellino producono circa un terzo dell’energia eolica nazionale – la corruzione e i reati associativi, che sono la tipologia di crimine più legata a questa attività, sono aumentati molto più che nelle altre province. In altri studi, come quello meno recente di Caneppele, Riccardi e Standridge, è stata evidenziata anche la forte correlazione in Italia tra distribuzione degli impianti eolici e presenza mafiosa. “Sono piovuti soldi in maniera incondizionata – dice la ricercatrice della Lse – che hanno incentivato connessioni perverse tra imprenditori, poltici e funzionari”.
A una certa politica e a un certo ambientalismo piace o conviene credere il contrario, ma la verità è che in questo mondo il paradiso delle rinnovabili non esiste. E neppure gli angeli.
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