A Cannes Viggo Mortensen è un padre hippie fuori tempo massimo
"Non possiamo festeggiare il Natale come tutti?”. Così parla la voce dell’innocenza: il ragazzino biondo non capisce perché a lui tocca una ricorrenza moscia e unilaterale come il “Noam Chomsky Day”. Lo ha deciso papà, ovvero Viggo Mortensen in un ruolo cucito addosso a lui, scene di nudo comprese. Uno hippie fuori tempo massimo che assieme a sei figli vive la vita nei boschi cara a Henry David Thoreau (apripista dei naturalisti quando negli Usa c’erano poche città inquinate da cui fuggire). “Preferisci festeggiare un elfo con le orecchie a punta o il più grande filosofo vivente?” incalza il genitore, che come tutti i chomskyani di ferro non saprebbe spiccicar parola sulle teorie linguistiche del venerato maestro, ma risulta ferratissimo sulle prese di posizione politiche (e antisemite). Come tutti i libertari, papà si mostra violentissimo con chi non è d’accordo sulle cattive multinazionali, sui giornali che fanno il lavaggio del cervello, sull’acqua inquinata dai nemici (suvvia, era già nel “Dottor Stranamore” di Stanley Kubrick: sono passati 60 anni e invece del colonnello americano che teme i comunisti ora lo sostengono gli ecologi?). I regali sono comunque previsti, sia pure avvolti in stracci – da qualche parte il venerato maestro deve aver deprecato lo spreco della carta colorata con il fiocco. Ma i regali a Chomsky non piacerebbero per nulla: trattasi di un coltellaccio per ognuno, perché nelle foreste del nordovest americano non ci sono i supermercati, e il cervo va ammazzato come rito di passaggio verso l’età adulta. Il film si intitola “Captain Fantastic”, era a Cannes nella sezione “Un Certain Regard”, lo ha girato Matt Ross, attore e regista che qualche anno fa aveva firmato “28 Rooms”: un amore scandito da 28 incontri in altrettante camere da letto (gli adulteri si incontrano solo in trasferta, a loro piace così, lo spettatore dopo un po’ soffoca).
Lo spettatore si chiede dove sia la madre dei figlioli costretti a papparsi interiora di cervo ancora tiepide, a rompersi le ossa negli incidenti di scalata, a leggere rispettando una tabella di marcia, a memorizzare pagine di marxismo, a non poter dire “interessante” perché è una parola vuota. La madre, vien fuori, era prima depressa e poi suicida, il che costringe la famigliola a marciare verso la civiltà. Sono gli unici ragazzini che per Nike intendono la dea greca e non le scarpe (su Adidas infatti cala il buio). Il padre se ne sta ancora lì, aggrappato all’utopia, convinto di aver fatto passi da gigante verso la Repubblica di Platone: solo la verità e nient’altro che la verità, esproprio proletario al supermercato – anche con dolo, finge un attacco di cuore e la truppa di ragazzini esce con le buste. Musica preferita “Le variazioni Goldberg” suonate da Glenn Gould (il che rende piuttosto difficile corteggiare le ragazze carine del camper accanto). Totale ignoranza di qualsivoglia riferimento pop. Armi a parte – però su questo vedetevela voi con Viggo Mortensen – il sogno dei genitori e delle maestre progressiste. Il perfetto contrario del figlio “sdraiato” di Michele Serra: arrampicate in montagna, lettura in dosi massicce, niente schermi, niente videogiochi, niente smartphone, niente auricolari che distolgono dai diktat di papà. Anche sui coltellacci forse si può patteggiare: esistono i vegani, esistono i vegetariani, esistono i “solo la carne che uccidi con le tue mani, troppo comodo far fare lo sporco lavoro al macellaio”. Sul funerale arriva l’ultimo scontro di civiltà: fiori, messa e una tomba con la lapide o le ceneri buttate nel cesso?
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