Sberle ai pm di Piombino. Chiamate un'infermiera!
L’unica cosa di cui per ora sono tutti sicuri – la procura di Livorno, il tribunale del Riesame e i tecnici della Regione – è che quelli all’ospedale di Piombino sono stati omicidi volontari. Quattordici, sarebbero. Anche se poi il caso-pistola fumante, con il testimone che sentì la signora Fausta Bonino – infermiera senza motivo incarcerata, e ora in attesa di essere riammessa al lavoro come le spetta – che diceva: “Ora le do un farmaco, così dorme”, e poi la paziente morì, è un altro errore marchiano degli indagatori. La signora Ferri Marcella assunse dei calmanti, non l’eparina, e morì di infarto, non di eparina. Così, in attesa di vedere se anche le altre morti “sospette” (se c’è una morte, è sospetta) siano tutti omicidi, non restano che due osservazioni da fare.
Come raccontano i giornali, a questo punto della mirabolante indagine il dubbio riguarda non l’infermiera, ma il perché i medici e i dirigenti dell’ospedale non provarono a verificare prima i fatti, se è vero che da due anni covavano sospetti su quelle morti: la possibilità di fare verifiche esiste, anche senza chiamare la squadra Anticrimine. La seconda, repetita iuvant, è una domanda che chi di dovere dovrebbe porsi sulla qualità del lavoro di pm e procure (chiedete aiuto a Davigo, magari). E’ possibile arrestare una persona, accusarla di una strage e di ogni nefandezza, lasciare che i media la dipingano come “l’infermiera killer” per un’inchiesta che il Riesame di Firenze ha cestinato come una bufala, basata su indizi sbagliati e neppure gravi? Repubblica, diciamo non il giornale d’Italia più ostile alla magistratura, ha scritto che il Riesame ha preso “a sberle” la procura e il Nas di Livorno. Sberle. Ma forti. Da chiamare un’infermiera.
Il Foglio sportivo - in corpore sano