Una nave da crociera a Venezia (foto LaPresse)

E la nave va, affonda solo Venezia

Giancarlo Salemi
Tutti i numeri del report annuale di Clia sul settore crocieristico: i nostri scali che hanno ricevuto 6,8 milioni di passeggeri nel 2015. Le difficoltà, legislative e giuridiche prima che logistiche, nella Laguna.

Senza bonus fiscali, aiutini e piagnistei. C’è un settore simbolo del made in Italy che, nonostante la crisi economica e senza ricevere lo sguardo favorevole del Governo, anzi praticamente ignorato, continua a macinare utili. E' la crocierista a regalare all’Italia il palmarès di più grande mercato di destinazione in Europa, con i nostri scali che hanno ricevuto 6,8 milioni di passeggeri nel 2015. Civitavecchia, Venezia, Savona e Genova hanno imbarcato oltre 2 milioni di passeggeri, generando un impatto economico diretto del settore di 4,5 miliardi di euro. Sono alcuni elementi che balzano agli occhi nel Report annuale curato dalla Cruise Lines International Association, l’organizzazione internazionale delle compagnie da crociera, che il Foglio ha consultato in anteprima.

 

Ebbene l’industria crocieristica ha generato più posti di lavoro in Italia che in qualunque altro paese europeo, con oltre 103 mila persone impiegate, facendo del nostro paese il leader nella costruzione di navi da crociera con 18 imbarcazioni ordinate, per un valore di 9,5 miliardi di euro. Le spese dei passeggeri e degli equipaggi nelle nostre città portuali sono cresciute del 5,7 per cento e gli imbarchi e le visite nei porti dell’8,2 per cento. E qui però appare evidente una delle poche pecche che destabilizza un quadro più che roseo: Venezia, continua a soffrire dal prolungato stallo regolatorio che riguarda la ricerca di una rotta di accesso per le grandi navi al porto e, così, la città lagunare ha visto un calo dell’8,7 per cento nel traffico passeggeri, passando dai 1.733.839 passeggeri del 2014 ai 1.582.481 del 2015. Questo calo ha fatto uscire Venezia fuori dalla “top three” dei porti crocieristi mediterranei. “Si tratta di un’ulteriore conferma di quanto sia urgente trovare una rotta di accesso alternativa per le navi da crociera a Venezia, che rappresenta uno dei principali home-port del mediterraneo. Il beneficio economico del settore per l’intera economia italiana sarebbe molto più forte se non fosse per le difficoltà a Venezia” ha spiegato Francesco Galietti, direttore nazionale di CLIA Italy.

 


(foto LaPresse)


 

Tutto ha inizio nel marzo di due anni fa quando il Tar boccia il decreto dei ministri del governo Monti, Clini e Passera, che regolamentava il passaggio delle navi da crociera prevedendo dei divieti di transito nel bacino di San Marco e nel canale della Giudecca. Un decreto, bisogna ricordarlo, che arrivò all’indomani della tragedia del Giglio senza alcuna istruttoria preliminare disponendo una serie di divieti alla navigazione nel canale della Giudecca che sarebbero dovuti diventare però operativi soltanto a partire dal momento in cui fossero state rese concretamente disponibili altre vie di transito. Cosa che non è mai avvenuta e, di qui, ecco il vuoto regolatorio che ha messo in ginocchio l’industria crocieristica a Venezia dove, ad esempio, Msc Crociere ha già annunciato una riduzione del 40% delle loro navi nella città lagunare.

 

E c’è di più. Questa inerzia e incertezza stanno mettendo a serio rischio non solo Venezia ma anche i porti che si affacciano nell’intero Mar Adriatico. Gli ultimi due anni per i 20 scali che vanno dalla Puglia al Friuli le entrate sono diminuite di 113 milioni di euro e con esse i turisti da crociera: se ne sono persi per mare oltre 560mila. Adesso da Clia sperano che qualcuno nel governo – il ministro Graziano Delrio segue il dossier con estrema attenzione - si accorga di loro. Di questo grido d’allarme lanciato non per avere prebende ma per puntare sull’unica risorsa che nessuno, in teoria, può toglierci: il turismo. E, in particolare, quello da crociera. Roba da ricchi? Neanche per sogno. Se nel 1995 sceglievano la crociera appena un milione di persone, oggi si è arrivati alla cifra record di 11 milioni di passeggeri che transitano ogni anno in Europa e che scelgono l’Italia come loro prima destinazione. Perché ignorarli?

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