Il terzo Strega dell'èra renziana è così giovane e infighettato che viene quasi da rimpiangere i vecchi tempi
Com'era bello il Ninfeo. Così adesso per il terzo Strega dell'era renziana ecco già rimpianti e proteste per la nuova location (l'Auditorium di Renzo Piano), dove ieri sera ha trionfato "La scuola cattolica", il libro di Edoardo Albinati (Rizzoli). Il mattone di Albinati veniva premiato sotto i mattoncini di Renzo Piano, nell'Auditorium che accoglieva uno Strega ringiovanito, infighettato, per l'occasione trasformato in evento televisivo, un Golden Globe de noantri, in favore di telecamera. Con cambiamenti epocali, anche.
Addio infatti all'antico Ninfeo di Valle Giulia, alla conca rovente del museo etrusco, sublime villa suburbana di papa Giulio III, affidato a tre archistar pazzesce del Cinquecento, Vignola più Ammannati più Vasari. Addio ai tacchi di pingui signore delle lettere (e non solo) che sprofondavano nell'erbetta; al Ninfeo c'era un microclima unico e tropicale, tra Hanoi e Mestre, era il primo giovedì di luglio, tra umidità dei luoghi, scelti per la sotterranea falda dell'acqua Vergine dal papa Del Monte per costruire i suoi giochi d'acqua, e il calore dei riflettori: il tutto faceva crollare trucchi e ritocchi più che lo smog nella cappella Sistina o all'Ultima Cena.
Addio a tanti riti, anche: la disattenzione totale per ciò che accadeva sul palco, per la votazione, e invece la chiacchiera, lo small talk, il girovagare pigri tra i giardini aulenti; l'imbucarsi (a essere invitati non c'era nessun gusto, la bravura era entrare così, portandosi magari anche dieci ospiti; se in città, si trascinavano amici e conoscenti lombardi o non romani, anche riluttanti, ma poi riconoscenti a vita per aver assistito a un rito antropologico importante); e soprattutto l'assalto al buffet, il più feroce in città, verso gnocchetti al pomodoro, mozzarelline di bufala rinsecchite, gelati squagliati come le camicie degli avventori.
Il liquore Strega non lo beveva nessuno mai, a nessun costo, con quelle temperature. Oggi, invece, ecco molta disciplina e file ordinate in coda per gli accrediti le architetture di Renzo Piano, in un'aria condizionata che rafforza i fard e i rossetti e fa sembrare tutti più eleganti e compatti, pare di stare a Milano (e però, come gli schermi piatti rispetto ai televisori a tubo catodico, questa nuova location appiattisce la fotografia, senza il calore e l'umidità il grottesco è andato a farsi benedire, da Fellini si è passati a Sofia Coppola, non si sa se si è guadagnato nel cambio). Così Clemente Mastella sembra più giovane e magro, in gran forma, si aggira in quota sindaco di Benevento (il liquore Strega da lì proviene).
Tutto è fresco e composto: l'unico momento disordinato è l'arrivo di Virginia Raggi. La sindaca della capitale arrivava alle 22,07 in una selva di flash, accerchiata da ammiratori, folle, clientes, e non si capisce sulle prime chi sarà mai quello scrittore e/o autorità civile e/o letteraria capace di smuovere tanto entusiasmo. E' lei: affiancata da Tullio De Mauro, alla sua destra, e alla sinistra Aurelio Regina, boss degli industriali romani. Lei pare Anna Magnani nell'Onorevole Angelina, il film di Luigi Zampa del 1947 su una attivista di Pietralata che si scontra coi poteri forti romani.
Però, con queste arie condizionate, impossibili equivoci tipici dello Strega prima maniera: l'ex sindaco Alemanno fu molto onorato, per anni, anche molto tempo dopo la sua scadenza, da antiche dame che non avevano preso atto dei mutamenti a palazzo Senatorio. Anche la violenza alimentare, scemata: con un'abile regia forse di qualche esperto di G8 e di zone rosse, superati i varchi elettronici, ecco tavoli disposti longitudinalmente, in modo da non offrire punti di contatto alle masse affamate disposte a tutto; poi sono posizionati i tavoli dei dolci prima dei salati, come strategia antiguerriglia, per distrarle e far scemare l'impeto atavico.
Il risultato, un impossibile confronto col passato: file ordinate, piatti di portata non devastati, tavolini tondi d'appoggio tipo cene al Metropolitan; solo i camerieri son rimasti gli stessi, alcuni con facce da assassini, cadono le forchette e le ributtano sotto il tavolo con una pedata, tac. Nuove trovate di marketing alcolico, però: un tavolo-bar propone quelli che sembrano dei mojito, e vanno a ruba soprattutto tra anziani delle lettere che li trangugiano ringalluzziti tipo happy hour; poi si scoprono essere degli "Strega-Mule", e il gusto dolciastro del liquore eponimo finalmente ha trovato nello zenzero la morte sua, e finalmente son riusciti a propinare l'amaro letterario e renderlo giovane, televisivo, come una Rai ai tempi di Campo Dell'Orto. Seppellirà lo spritz?
Poi, già mangiati, si sale su (il buffet chiude prima della cerimonia, altra geniale trovata antisommossa) e le folle vengono precettate su nella sala Sinopoli, tutti seduti ad aspettare "la diretta", "ecco la diretta", "tra poco siamo in onda", ecco dei gran video delle passate edizioni, ma tutta questa modernità genera problemi: nessun microfono funziona, la regia deve ancora abituarsi al piccolo Golden Globe delle patrie lettere. Alle 22,57 Loredana Lipperini lascia la conduzione per "la diretta", arriva Pino Strabioli che non sa bene che fare, dice "ma che mi lasciate qui da solo?". Poi lo spettacolo inizia. Il problema è che coi posti assegnati e non potendo uscire dalla sala, tocca assistere a tutta la cerimonia. Intermezzi musicali; stacchetti; tutta la filiera dello Strega (vengono premiate delle scolare con zainetto, partono video del premio Strega Europa). Cesare Romiti, spiaggiato su in galleria da solo, ha un'aria devastata. Sembra rimpiangere, come tutti, i bei tempi del Ninfeo e della sua umidità.
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