Il Caravaggio del No

Luciano Capone
Forse senza rendersene conto, Tomaso Montanari è diventato una caricatura dei personaggi di Eco

    Non si capisce bene se scherzi o faccia sul serio Tomaso Montanari – storico dell’arte e vicepresidente di Libertà e Giustizia – quando descrive in uno spot un dipinto di 400 anni fa come una “meravigliosa profezia” in cui Cecco del Caravaggio “ci mostra la vittoria del No al referendum, mentre caccia dal Tempio della democrazia italiana la finanza internazionale, i grandi banchieri, i palazzinari, una classe politica degenerata”. Pur volendola considerare una performance ironica – e non una profezia che “si avvererà se gli italiani non si comporteranno come quei buoi sacrificali pronti per essere sgozzati sull’altare della finanza” – quella di Montanari sembra una riuscitissima parodia di se stesso e della sua compagnia di giro che, come in un romanzo di Umberto Eco, va a caccia di segnali nel tempo e nello spazio per interpretare la genesi della riforma renziana.

     

    Le impronte sono state trovate su un paio di paginette di un report di una banca americana, diventate una sorta di Protocolli dei Savi di JP Morgan, che svelano la cospirazione della finanza globale contro la Costituzione. Sull’esegesi di quelle poche righe hanno spremuto le meningi le migliori menti di Libertà e Giustizia. Salvatore Settis, garante di LeG, ha trovato in un articolo del Corriere il legame tra i Protocolli di JP Morgan e Giorgio Napolitano. Ed eccoli allora Settis e Montanari, come i protagonisti del “Pendolo di Foucault”, Casaubon e Diotallevi, che un po’ truffando e un po’ truffandosi si mettono a elaborare un “piano” per interpretare la storia come un unico grande complotto: il “piduismo perenne” di cui parla Gustavo Zagrebelsky, presidente onorario di LeG. Proprio con quella mentalità complottista e credulona che nei suoi scritti Eco ha sbeffeggiato e di cui ha mostrato l’inconsistenza logica: “Di due cose che non stiano insieme, crederle tutte e due, e con l’idea che da qualche parte ve ne sia una terza, occulta, che le unisce, questa è la credulità”.

     

    E così per Nadia Urbinati, presidente di LeG, ci sono tracce del piano cospirativo già in uno scritto della Trilateral del ’75. Sandra Bonsanti, presidente emerito di LeG, trova il filo conduttore in un oscuro personaggio che sta dietro tutte le cospirazioni della vita republicana, un canovaccio che ricorda la trama del “Cimitero di Praga”, altro successo di Eco, in cui il falsario Simonini è il trait d’union di tutti i complotti dell’Ottocento. Senza forse rendersene conto, i professori di LeG sono diventati delle caricature dei personaggi del semiologo che faceva i comizi sul loro palco. Per evitare certe paranoie forse la sera, anziché Kant, era meglio leggere Eco.

    • Luciano Capone
    • Cresciuto in Irpinia, a Savignano. Studi a Milano, Università Cattolica. Liberista per formazione, giornalista per deformazione. Al Foglio prima come lettore, poi collaboratore, infine redattore. Mi occupo principalmente di economia, ma anche di politica, inchieste, cultura, varie ed eventuali