Guarda le immagini Sbirciare tra le scene di Boris e capire come la tv ha stracciato il cinema Sveglia. Le gerarchie sono cambiate: in cima troviamo la tv, sotto sta il cinema, sotto ancora la radio e poi c’è solo la morte (professionale). Lo spiega il produttore tv, che quando viene degradato al grande schermo – dopo l’estremo ricatto: “Che vuol dire, passi alla concorrenza? In Italia non esiste, la concorrenza” – toglie dall’armadio un maglioncino stile Marchionne e lo usa come divisa per mimetizzarsi tra i cineasti. Antefatto: in un soprassalto d’orgoglio, il regista René Ferretti (d’accordo con il pesce portafortuna Boris) ha rifiutato di girare al ralenti una scena della fiction “Il giovane Ratzinger”. Mariarosa Mancuso 30 MAR 2011
La capacità di Liz Taylor di trasformarsi da bambina prodigio in eterna star Di Marlon Brando ricordiamo la canottiera. Di Elizabeth Taylor ricordiamo le sottovesti. Ne aveva una di seta bianca nella “Gatta sul tetto che scotta”, mentre cercava di attirare l’attenzione del marito Brick, in lutto per la morte del caro amico Skipper. Ma il consorte preferiva bere whisky e trascinarsi in camera da letto aggrappato alla stampella. Nel dramma scritto da Tennessee Williams, Brick e Skipper erano amanti. Nel film di Richard Brooks non potevano esserlo, per motivi di censura. Mariarosa Mancuso 24 MAR 2011
“Silvio Forever”, il film di Faenza contro il Cav. è un’agiografia del Cav. T ecnicamente si chiama agiografia. Anche panegirico, volendo. E’ quando di un personaggio si illustrano l’infanzia, le prime esperienze, le prodezze e i successi. Quando si riportano i discorsi seguiti dagli applausi. Quando si interrogano le mamme che trovano qualcosa di buono anche nel dito medio mostrato da un contestatore di passaggio (“Voleva dirti che sei il numero uno”). Nell’ordine naturale delle cose, film come “Silvio Forever” vengono girati da registi compiacenti a spese dei beneficati. Mariarosa Mancuso 22 MAR 2011
Se Montaigne fosse stato un blogger sarebbe stato il migliore di tutti I blogger con uso di liceo classico lo considerano un antenato, perché scriveva le sue opinioni su qualunque cosa gli venisse in mente. Inoltre aggregava contenuti presi dai mille volumi che teneva nel suo studio. Le somiglianze ingannano: Michel de Montaigne aveva 38 anni, quando si ritirò nella torre del castello di famiglia. A quell’epoca, la quarantina non coincideva con l’età di un uomo che se debutta al cinema o in letteratura viene considerato giovane. Fatte le proporzioni, era l’età di un uomo pronto a farsi sedurre da quel che Shakespeare, nella “Tempesta”, chiamava “il terzo pensiero”. Mariarosa Mancuso 20 MAR 2011