recensioni foglianti
Berta Isla
Javier Marías
Einaudi, 488 pp., 22 euro
Com’è facile essere all’oscuro, forse è il nostro stato naturale. Di quello che gli altri non ci raccontano non sappiamo nulla, di quello che ci raccontano nemmeno, nemmeno di quello”. Berta Isla era poco più che una bambina quando si è innamorata di Tomás Nevinson. Guardandolo in mezzo a tutti gli altri studenti della scuola che frequentava ha puntato lo sguardo su di lui, “è l’uomo per me”, ha pensato scegliendolo, puntandolo con il dito, lo stesso dito tremante di emozione su cui l’uomo, a distanza di pochi anni, avrebbe infilato la fede nuziale. Comincia così Berta Isla, l’ultimo romanzo dello scrittore spagnolo di Domani nella battaglia pensa a me e Un cuore così bianco Javier Marías. Il romanzo è la storia di un matrimonio tra un uomo e una donna che hanno vissuto gran parte della loro vita insieme senza conoscersi davvero, “insieme, ma dandosi le spalle”. Berta Isla aveva certamente scelto e sposato suo marito per amore, e lui? “Tutto ciò che prova l’altro appartiene sempre al campo dell’immaginazione”. C’era stato un tempo in cui Tomás Nevinson era stato allegro e leggero, senza nebbia né ombre. Adesso però era cambiato tutto. Ci si sceglie un uomo “finché morte non vi separi”, ma poi la vita procede per conto suo, cambia le persone, le peggiora. Tom adesso vive tra la Spagna franchista e l’Inghilterra democratica. Per colpa di una donna e di una notte maledetta la sua vita è stata segnata di nascosto e adesso si ritrova a fare un lavoro pericoloso e sconosciuto a tutti, anche a sua moglie. Lavora per lo stato “e lo stato chiede e chiede senza limiti, tira la corda, spreme fino all’ultimo i suoi servitori, non si può mai sapere che cosa finirà per erigere o strappare, quali aberrazioni o sacrifici potrà persuadere a compiere”. Tomás sta lontano per mesi interi, dando poche notizie di sé e dei suoi viaggi. L’assenza rinvigorisce l’amore finché improvvisamente non rimane più niente da salvare. Dopo un matrimonio, due figli, silenzi, menzogne a volte si trova davanti una faccia che dovrebbe risultarle familiare e invece a volte non è niente di più che un’immagine sfocata: “Qualche notte vedevo la brace della sua sigaretta nel buio, come quella di un soldato in trincea, talmente sfinito e disgustato che non gli importa più di rivelare la sua posizione e morire”. Berta Isla aveva ormai imparato la lezione: “Si limitano gli impulsi e le aspettative, ci si accontenta di versioni deteriorate di quello che si era desiderato o si era creduto di raggiungere”. E’ istinto di sopravvivenza. La donna starà sempre dalla parte del marito: perdona e dimentica. L’abitudine è capace di fare miracoli. Tom era, parzialmente, una persona che faceva parte della sua vita, di quelle che si danno per scontate come l’aria. Non ci si sofferma mai a scrutare l’aria. Il mondo continua sempre, Berta Isla fa ciò che deve: sopravvive. “Possiamo vivere nell’errore continuo, credere di avere una vita comprensibile, stabile e afferrabile, e poi scoprire che tutto è insicuro, melmoso, sfuggente, che non abbiamo un terreno solido su cui poggiare”. Berta Isla, libro dell’anno per il País, finisce nel modo in cui comincia, nell’oscurità: “Noi non assistiamo a quasi nulla, non vediamo quasi nulla, non siamo in grado di affermare nulla con certezza, anche se lo facciamo”.
BERTA ISLA
Javier Marías
Einaudi, 488 pp., 22 euro
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