Presto, un passaporto a Distefano o continuerà a fare dichiarazioni per sembrare uno scrittore italiano

Antonio Gurrado
Nelle interviste che spande con generosità racconta che l’Italia è un paese che non è pronto, anzi che finge di non essere pronto. Appello in favore del giovanissimo Antonio Dikele Distefano, ravennate, figlio di angolani, privo di cittadinanza italiana e sul podio dei libri più venduti con “Prima o poi ci abbracceremo”.

    Per essere uno scrittore italiano il passaporto non serve; basta scrivere nella nostra lingua e magari farsi amare dal pubblico. Questo tuttavia è un appello in favore del giovanissimo Antonio Dikele Distefano, ravennate, figlio di angolani, privo di cittadinanza italiana e sul podio dei libri più venduti con “Prima o poi ci abbracceremo” (Mondadori).

     

    Nelle interviste che spande con generosità, Distefano racconta che l’Italia è un paese che non è pronto, anzi che finge di non essere pronto. Sostiene che noi tutti viviamo la discriminazione, tutti i giorni. Scrive d’amore ma vuole combattere l’evasione fiscale e la mafia, pertanto intende usare parole e romanzi per educare i ragazzi. Agogna un ritiro spirituale per concentrarsi su di sé. Rivendica di parlare bene l’italiano ma dice “un mix di cose”, “andare nel computer”, “fare un libro”, “girare le scuole”, “uscire primo in classifica”. Ovviamente ha una propria idea di famiglia, in cui “il bambino felice è quello che vive in un contesto che lo fa sentire amato, non per forza con dei genitori”.

     

    All’autorità competente richiedo che venga immediatamente concesso il passaporto a Distefano, altrimenti chissà per quanto tempo continuerà a rilasciare dichiarazioni tese a farlo risultare indistinguibile dagli scrittori italiani.