Perché la Cia ha twittato il blitz di Abbottabad 5 anni dopo

Antonio Gurrado
Non so a cosa serva che la Cia abbia un account Twitter né so se la prossima mossa sarà mandare in giro gli agenti in felpa, con la scritta “servizi segreti” sul petto. Tanto meno so se sia stato saggio, stanotte, celebrare i cinque anni dall’uccisione di Bin Laden twittando minuto per minuto gli accadimenti del blitz.

Non so a cosa serva che la Cia abbia un account Twitter né so se la prossima mossa sarà mandare in giro gli agenti in felpa, con la scritta “servizi segreti” sul petto. Tanto meno so se sia stato saggio, stanotte, celebrare i cinque anni dall’uccisione di Bin Laden twittando minuto per minuto gli accadimenti del blitz di Abbottabad come se stesse avvenendo in diretta: probabilmente la Cia voleva coinvolgere la gente comune offrendo un intrattenimento emozionante, benché dal finale prevedibile; verosimilmente intendeva sopperire a una carenza di fonti storiche, visto che nel 2011 non fu possibile condividere con l’umanità le fasi salienti dell’operazione in quanto, purtroppo, era segreta; sicuramente, avere imbastito questa sceneggiata virtuale nel quinto anniversario dell’evento significa che, secondo la Cia, Twitter non sopravvivrà fino al decimo.

 



 

Una cosa so per certa, tuttavia. Subito prima d’iniziare la differita del blitz, la stessa Cia aveva pubblicato su Twitter il più vecchio documento custodito nei propri archivi: istruzioni demodé sui materiali da utilizzare per ottenere la scrittura invisibile, che sparisce prima che in troppi leggano. La scelta comunicativa di stanotte testimonia che, se ieri la priorità dei servizi segreti era cancellare le proprie tracce, oggi è ripercorrerle.

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