Le unioni civili sono uno scherzo crudele. Rileggere Meneghello
Non voglio vederlo! Scrivo alle cinque della sera e non so se abbiano votato o non ancora, se stiano votando o ci sia bagarre, né se il popolo gioisca o insorga, né se l’aula di Montecitorio sia presa d’assedio dai più sordi e grigi fra i familideisti oppure sia diventata bivacco di manipoli arcobaleno; non voglio saperlo.
Mi sono barricato a rileggere “Libera nos a Malo”, dove Luigi Meneghello racconta uno scherzo crudele a una mentecatta: le viene fatto credere di essere vera sposa di fronte a falso sindaco e falsi testimoni, falso gonfalone e falso marito. La povera demente ci casca tutta perché, a ben guardare, il matrimonio civile è un rito indistinguibile dalla propria parodia e la semplicità della sua forma rende quello vero uguale a quello falso; mentre, scrive Meneghello, “una simile parodia del Santo Matrimonio in chiesa non sarebbe stata concepibile”.
Stamane ho letto che, per frettolosità legiferatrice, le unioni civili consentono la bigamia, non obbligano alla fedeltà e non prevedono l’aggravante dell’uxoricidio; sono pertanto un’approssimazione difettosa e deforme del matrimonio civile. A quest’ora magari saranno già legge dello Stato, ma restano pur sempre parodia di una parodia. La serietà con cui ci caschiamo, esultando o protestando, è degna della povera vittima dello scherzo crudele: testimonia quanto stiamo diventando – speditamente, inesorabilmente, pervicacemente – incapaci d’intendere e di volere.
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