Un altro libro di lamentele sull'Università italiana

Antonio Gurrado
Tutte le contraddizioni di "Universitaly", il libro del giovane professore Federico Bertoni che in nome della Costituzione buona per tutte le stagioni si erge contro la meritocrazia, però dimentica che l'articolo 34 della Costituzione più citata e meno letta del mondo parla di diritto allo studio per "i capaci e i meritevoli".

Ho cercato di leggere un libro sull'università ma mi sono arrabbiato dopo trenta pagine. Colpa mia: doveva insospettirmi il titolo ("Universitaly", Laterza) e il fatto che l'autore non resistesse alla tentazione di concludere la prefazione col link al proprio curriculum. Federico Bertoni ha ben donde vantarsi – è diventato professore associato a trent'anni e ordinario a trentacinque – ma lo specchio delle sue brame lo induce in contraddizioni abbaglianti.

 

Ammette che Harvard è meglio della sua Bologna perché ha molti meno studenti, però si schiera contro il numero chiuso. Rimprovera gli atenei di essere provinciali nel fomentare il mito dell'estero, però parla di migliaia (migliaia?) di studenti bravissimi (tutti?) costretti a emigrare alla ricerca di fortuna in terra straniera, dove ovviamente si rivelano migliori degli indigeni. Si rallegra delle iniziative accademiche che non pagano gettone ai relatori, però pretende che le università foraggino tutti i dottorandi con borse di studio a carico dei contribuenti. In nome della Costituzione buona per tutte le stagioni si erge contro la meritocrazia, però dimentica che l'articolo 34 della Costituzione più citata e meno letta del mondo parla di diritto allo studio per "i capaci e i meritevoli". È uno dei pochi italiani divenuti professori a un'età verde abbastanza da non dover fornire agli studenti esempio di frustrazione o rancore, però firma un intero libro di lamentele sull'università anziché una lettera di dimissioni.

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