Quello che la robotica non è riuscita a cambiare
Passa il tempo e tutto cambia. Ci sono queste nuove automobili senza guidatore: hanno sensori talmente sofisticati da essere in grado di scansare un passante, anche qualora dovesse pararsi dinanzi all'improvviso, anche qualora pur di salvarlo fosse necessario schiantarsi contro un muro e causare la morte di tutti i passeggeri. La robotica ha drasticamente cambiato la nostra nozione di sicurezza: lo scopo della macchina non è più salvaguardare a ogni costo il proprietario, bensì calcolare l'azione eticamente più valevole in una determinata circostanza. Ci sono anche questi marchingegni a quattro zampe: dei cagnolini in tutto e per tutto, che abbaiano scodinzolano e fanno le feste ma, a differenza dell'animale originale, anziché sporcare puliscono; mentre stiamo spaparanzati a guardare la tv, loro non vengono ad accoccolarsi né a sbavare sul divano ma vanno in cucina e fanno i mestieri.
La robotica ha drasticamente cambiato la nostra nozione di compagnia: pretendiamo ancora una creatura viva al nostro fianco, ma non siamo più disposti a tollerare che la sua presenza comporti un fastidio o un sacrificio. C'è perfino un luminare giapponese, Natsume Soseki, morto da cent'anni ma appena riprodotto in un androide perfettamente funzionante: il professore robotico è in grado di fare lezione, presenziare all'inaugurazione dell'anno accademico, dire frasi di circostanza, citare instancabilmente le proprie opere, partecipare ai convegni in memoria di sé stesso e spegnersi non appena si parla d'altro. Nemmeno la robotica, insomma, è riuscita a cambiare la nostra nozione di università.
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