Erica Jong e la grande idiozia per cui tutte le religioni si somigliano
Domani, al festival Le Conversazioni di Capri, Erica Jong parlerà di teologia. Grazie alle anticipazioni, sappiamo che si schiererà in favore di una “diversità religiosa” che includa l'ateismo; citerà Aldous Huxley per dimostrare che “tutte le religioni del mondo si somigliano alla radice” e che hanno un nucleo comune nell'amore e nell'empatia. Questa teoria, che potremmo definire teodiversità, è la moda del momento e ha accomunato gli addii a persone tanto distanti quanto Valeria Solesin e Cassius Clay. Sottintende l'esistenza di una religione primitiva cui appartengono tutti gli uomini, i quali però non sono lucidi abbastanza da accorgersene e si rifugiano in credo particolari cui danno valore assoluto anche se uno vale l'altro. Le conseguenze della teodiversità sono ragguardevoli; ad esempio, per Erica Jong “la Vergine Maria è l'incarnazione del principio femminile della Terra” che ritrova in tutte le “divinità femminili” – Giunone, Atena, Astarte, Inanna, Ishtar – pur sapendo che “gli dèi e le dee sono ricettacoli di spirito privi di connotazioni sessuali”.
Per quanto obnubilato dal cattolicesimo, mi reputo ancora abbastanza lucido da riuscire a distinguere la Madonna da una patata o dalla dea Kalì; anzi, mi spingo fino a ipotizzare che, se le religioni riconoscessero che una vale l'altra, quel comune principio d'amore crollerebbe. Smetterebbe di essere un comandamento, che sussiste solo grazie all'assoluto, e diventerebbe un consiglio opinabile tanto quanto il proprio contrario. Erica Jong definisce questa mia prospettiva “strumentalizzazione fascista della religione”. Io definirei la sua prospettiva “paura di pregare”; infatti, ammette, quando vuole esplorare la propria spiritualità si mette a scrivere poesie.
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