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Prosteste degli insegnati (foto LaPresse)
Cari insegnanti, avete diritto a restare al sud. Senza stipendio
Aggiungiamo sempre più diritti a questo scombiccherato paese refrattario ai doveri. Abbiamo conosciuto, alla rinfusa, il diritto a sposare chi si ama, il diritto ad avere figli, il diritto a essere ciò che ci si sente, il diritto a venire trattati da uomini (per le donne), il diritto a vestirsi da donna (per gli uomini), il diritto a farsi chiamare con un nome diverso dal proprio, il diritto alla paga senza lavoro, il diritto a essere promossi, il diritto a zittire chi la pensa diversamente tacciandolo di fobia. Ebbene, a Bari, sotto la sede della Regione, i docenti trasferiti al nord non si sono limitati a protestare sventolando ciascuno un foglietto che denunciava le sedi deserte e insopitali cui erano stati confinati, da Rimini a Savona. I più temerari reggevano uno striscione che dichiarava indefettibilmente: “Diritto a restare in Puglia”.
Tale diritto giunge imprevisto per un popolo storicamente industre e avventuroso, che nel trapianto ha dato il meglio di sé (nel 1982 ne fecero anche un film: “Si ringrazia la Regione Puglia per averci fornito i milanesi”) e nutre per la propria terra un intenso amore da lontano fatto di frequenti ritorni e sereni rimpianti. Che sia in atto una mutazione antropologica? O forse gli insegnanti che vagheggiano tale diritto sono un tipo diverso di pugliese, più stanziale e chiuso per non dire pigerrimo? In tal caso i protestatari errano nel non considerare un diritto uguale e contrario al proprio: quello di studenti e genitori delle lontane scuole di destinazione, che hanno bisogno di docenti volenterosi e motivati. È il diritto a farli restare in Puglia, però senza stipendio.
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Il Foglio sportivo - in corpore sano
Fare esercizio fisico va bene, ma non allenatevi troppo
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