La paura del sisma e la necessità di fidarsi
Poi, fra una trentina d'anni, ci sarà un bambino che al primo giorno delle elementari non vorrà andare a scuola per timore dell'estraneo mondo ostile. La mamma lo condurrà per mano fin davanti al portone spalancato ma, al momento di lasciarlo, lui anziché andare si volterà e con un balzo le si aggrapperà al collo: gli sembreranno cattivi i coetanei, severe le maestre, minacciosi gli omoni messi a fare i bidelli.
Quel primo spiraglio di vita indipendente gli apparirà come il primo baratro imprevisto di un'esistenza fino ad allora sicurissima, ovattata. Così, appeso a lei, piagnucolerà implorando che il tempo resti immobile. Allora la mamma, anziché rimproverarlo, per la prima volta gli dirà del giorno di trent’anni addietro in cui fu lei a imparare a fidarsi, aggrappata al collo di uno degli omoni che la estrassero dalle macerie e che si chiamava con lo stesso nome che lei poi volle mettere a suo figlio.
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