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Nicola Lagioia (foto LaPresse)
Il combinato disposto tra il Nobel a Dylan e la nomina di Lagioia a direttore del Salone del Libro di Torino
Non m'interessa tanto il Nobel a Bob Dylan – che credo non aggiunga né sottragga alcunché alla sua grandezza – quanto il combinato disposto tra il Nobel a Bob Dylan e la nomina di Nicola Lagioia a direttore del Salone del Libro di Torino, che è stata annunciata oggi e verrà ratificata domani. I giurati del Nobel sono notoriamente un po' tocchi ma ci hanno ricordato che la letteratura è multiforme, tanto che iniziò con un aedo che cantilenava mentre gli altri mangiavano e terminerà fra non si sa quanto sfaldandosi in tecniche tuttora imprevedibili: in sostanza, da Stoccolma ci ammoniscono che non si può ingabbiare la letteratura nella forma del libro e che il libro è soltanto uno strumento, di cui disporre come meglio conviene.
A Torino, invece, si regolano esattamente all'opposto. La scelta del valido nome di Lagioia sottintende la totale identificazione del libro nella letteratura, e in quel particolare tipo di letteratura che vince il premio Strega e dispensa opinioni su Repubblica: inchiavardando così lo strumento-libro a un contenuto che dev'essere reputato di qualità e di tendenza, oltre che utile a far bella figura in società; tutto il resto, cacca. Se fossi Lagioia, scoprendo oggi che la mia nomina va in direzione contraria a quella intrapresa dai giurati del Nobel, sentirei che da domani avrò bisogno di molti auguri.
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