L'ipocrisia dell'Ue sulla cancellazione dell'inglese dalle lingue ufficiali
Bene: allora in Irlanda parlino gaelico e soltanto gaelico, se ne hanno il coraggio; e a Malta accolgano i turisti esclusivamente in maltese, se sono bravi. La tracotanza dell'Unione europea si è spinta fino a esplicitare che, una volta egresso il Regno Unito, l'inglese non sarà più lingua ufficiale della comunità. Fra le insopportabili ripicche post-Brexit questa si macchia anche di codina ipocrisia: la presidentessa della Commissione per gli Affari costituzionali al Parlamento europeo, la polacca Danuta Hubner, ha argomentato che ogni stato membro ha diritto a una sola lingua ufficiale e che solo il Regno Unito ha scelto l'inglese. Le altre due nazioni anglofone hanno scelto gaelico e maltese, pertanto con la Brexit la lingua del Regno Unito sparirà dall'Unione inevitabilmente.
Bene: allora Irlanda e Malta cessino immediatamente di parlare inglese all'interno e con l'estero. Non ce la faranno? Ovvio che no; a tracotanza e ipocrisia, infatti, si aggiunge anche una certa insipienza da burocrate ignaro che una lingua non è una forma come un'altra in cui veicolare contenuti neutri; al contrario, una determinata lingua s'impone sulle altre quando è più funzionale per contenuti specifici. È un'idea semplice, e può trovarla stramba solamente un'istituzione che reputa i formalismi più importanti della sostanza; vorrei spiegarlo a Danuta Hubner in polacco, ma purtroppo non lo parlo.
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