Studiare a Cambridge rende tutti più buoni
Così nell'università britannica la vittoria di Trump è stata accolta come un pretesto per insistere sul buonismo a oltranza
Studiare rende tutti più buoni: non si spiegano altrimenti le reazioni che stanno animando le migliori università del mondo a seguito dell'elezione di Donald Trump. Prendiamo Cambridge, ad esempio. Negli scorsi giorni studenti entusiasti si sono recati nella zona dei nuovi palazzi dipartimentali, il Sidgwick Site, per appendere ai rami degli alberi cartigli variopinti su cui campeggiavano non esortazioni all'ostilità o alla rivalsa bensì elogi della pacifica convivenza, della tolleranza e della bontà. Una ragazza che sta prendendo la laurea magistrale in Gender (esiste, esiste) ha spiegato al settimanale universitario Varsity che lo stimolo a questa manifestazione è derivato dai risultati delle elezioni americane, e che in risposta a quest'emergente cultura dell'odio gli studenti cantabrigensi intendono farsi testimoni dei valori dell'amore, del sostegno e della resilienza.
A Cambridge la vittoria di Trump è dunque solo uno spunto per insistere urbanamente sulla necessità dell'accoglienza, del superamento della paura del diverso, dell'apertura alle idee altrui, del rispetto alla vita e alla libertà di chiunque: l'allegra e colorata protesta infatti non intende scagliarsi solo contro l'esito delle presidenziali americane ma anche contro l'arresto di politici curdi, contro la violenza in Siria, contro le innumerevoli iniquità che macchiano terre lontane. Intanto, a dieci minuti di passeggiata dal Sidgwick Site, mani anonime fregavano settecento sterline dalla cassa dell'Ufficio Universitario per la Beneficenza. Studiare rende tutti più buoni, soprattutto a distanza.
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