Le sgrammaticature di Boldrini ora sono diventate un problema sindacale
Laura Boldrini ha pienamente ragione. Non svenite e leggete oltre: da lunedì partiranno le operazioni per sostituire i tesserini di chi lavora a Montecitorio di modo tale che il ragioniere, se donna, diventi ragioniera; il traduttore, se donna, diventi traduttrice; il bibliotecario, se donna, diventi bibliotecaria; e così via.
Il Corriere riporta però polemiche e proteste. Ad esempio il segretario generale, che da lunedì diverrà segretaria generale, argomenta che “la denominazione al maschile del termine scaturisce da rivendicazioni sindacali volte a superare una concezione riduttiva della professionalità”. Un segretario parlamentare, che da lunedì diverrà segretaria parlamentare, dichiara che la decisione della presidentessa della Camera è “un passo indietro, che non tiene conto dei progressi della società”.
Probabilmente Laura Boldrini si limita a non reputare progressi della società le sgrammaticature; a chi l'accusa di boldrinare risponde che sta semplicemente ristabilendo la norma della lingua italiana secondo cui a una persona di genere femminile si associa un sostantivo di genere femminile. Forse memore di Montaigne, il quale diceva che ogni disputa sulla politica in realtà è una disputa sulla grammatica, pare che abbia addirittura dovuto escogitare un escamotage per sottrarre la propria decisione all'Ufficio di presidenza, dove avrebbe incontrato l'opposizione del Movimento 5 Stelle, notoriamente ostile alla casta tanto in politica quanto in grammatica.
Ma le sigle Quip, Osa e Spi, che difendono i diritti dei lavoratori parlamentari, argomentano che il provvedimento della Boldrini non troverà il consenso dei colleghi poiché “il rispetto della parità di genere non può comportare l'imposizione della declinazione al femminile della professionalità, in presenza di una diversa volontà della lavoratrice”.
Se ne deduce che, in quanto lavoratore, in nome della parità di genere se voglio posso far declinare la mia professione al femminile. Se ne deduce anche che in Italia l'unica categoria più perniciosa delle femministe sono i sindacalisti.