Foto di Jerry Lai via Flickr

Ora in Inghilterra dire "donna incinta" è offensivo

Antonio Gurrado

Un sindacato medico invita i dottori a non parlare più di “expectant mothers” bensì di “pregnant people”. Le conseguenze del caso di Hayden, una ventenne che ha sospeso il cambio di sesso per avere un figlio prima di diventare maschio

Siccome solo i matti sono perfettamente logici, non sorprende che la British Medical Association abbia invitato i dottori a non parlare più di “expectant mothers” (“mamme in attesa”) attenendosi bensì a un più generico “pregnant people” (“gente incinta”). Il sindacato ha diramato quest'invito in una brochure indirizzata a centosessantamila membri: “L'ineguaglianza di genere si riverbera nelle tradizionali idee sui ruoli femminili e maschili. Si presuppone abitualmente che una donna abbia figli; tale stereotipo può spesso svantaggiare seriamente le donne. Benché una vasta maggioranza della gente incinta possa essere identificata come femminile, possiamo essere inclusivi nei confronti degli uomini intersessuali e dei transmen utilizzando l'espressione gente incinta anziché mamme in attesa”.

 

No, il problema non è capire cosa siano i transmen. Il problema è che in Inghilterra infuria il caso di Hayden, una ventenne che ha sospeso il cambio di sesso per avere un figlio prima di diventare maschio, e che ora è al quarto mese di gravidanza.

 

Tutto è estremamente logico: poiché Hayden partorirà ma non può essere considerata donna, consegue che un autorevole sindacato medico spinga i dottori alla neolinguistica ammissione che, se qualcuno partorisce, non è detto che sia donna. E da ciò consegue che dare della donna a una donna in procinto di partorire sia offensivo nei confronti non solo di chi è donna, ma anche di chi non è donna, di chi è stato donna e (presumo) di chi sarà donna. Ragion per cui partorire, per una donna, è un gesto velatamente discriminatorio non solo nei confronti dei maschi che non possono partorire ma anche dei maschi che possono partorire. Del resto, se un bambino può avere due madri e tre padri o un padre che si autofeconda, allora può avere anche una madre padre. Chiarissimo, no?

 

C'è un solo tassello che manca a questa logica stringente: che in questi tempi di rivendicazione della specifica identità di genere si alzi la voce istituzionale di una ministra, di una sindaca o di una assessora per proclamare a chiare lettere che sono tempi grami per la partorienta.