"Amare" i conigli, "dialogare" con le galline e altre follie che diamo per scontate
L'amore ordinario e disinvolto che ci lega ai quadrupedi
“Una signora mi ha raccontato il sentimento che la lega al suo coniglietto”. Aldo Cazzullo la menziona incidentalmente rispondendo a un lettore del Corriere che lamenta come gli anziani vengano spesso trascurati in favore degli animali domestici; e, sebbene sia una replica ricca di buon senso, non riesco a staccare gli occhi da quest'inciso fatto passare appena appena per curioso, subito dopo la presa d'atto che molte persone hanno una “storia d'amore ricambiato con un cane o con un gatto”. Allora ho capito cos'è accaduto.
Una quindicina di anni fa un indimenticabile trafiletto di cronaca riportava la storia di un signore di campagna che eccedeva nella veemenza quando parlava con gli animali, al punto da trascendere e dover venire internato; caricato a forza in una volante, per tutto il tragitto aveva, cito testualmente, “dialogato con una gallina”. Il verbo lascia sottintendere che la gallina gli rispondesse ma, con ogni probabilità, il notista l'aveva utilizzato per calcare sulla stramberia del soggetto: il lettore medio infatti voleva sentirsi rassicurato sulla distanza che intercorreva fra la propria saldezza e la follia altrui. Adesso invece la vicendevole passione che ci lega ai quadrupedi, o l'amare i conigli e venirne ricambiati, sono lasciati cadere con disinvoltura nel calderone delle notizie scontate: il lettore medio non vuole più differenziarsi da chi dialoga con le galline; vuole solo la conferma che la propria follia sia largamente condivisa e socialmente accettabile.