Quei populisti dell'Ottocento che hanno permesso a Boldrini di ricoprire la terza carica dello stato
La presidente della Camera ha un problema di sinonimi più che di desinenze
Più che con le desinenze, Laura Boldrini ha talento coi sinonimi. Oggi ha dichiarato che i populisti affrontano il futuro con schemi ottocenteschi, ed è un colpo di genio: altro che Sovranisti, Repubblicani, Padroni a Casa Nostra, o come par loro; se i populisti volessero avere successo, dovrebbero vestirsi in marsina, farsi crescere i baffi e fondare il Partito Ottocentesco Italiano. Così potrebbero smettere di attingere all'eloquenza da taverna di Trump o Wilders e ricamare citazioni d'antan: “Lo spirito pubblico in Italia è disposto interamente per un cambiamento di reggimento politico: lo scopo deve essere l'adempimento dei voti degli Italiani, i quali tutti reclamano, in silenzio e fremendo, indipendenza, unione e libertà” (Ciro Menotti, 1830).
“Io non vedo altro consiglio possibile: l'insurrezione appena le circostanze concedano: la guerra santa degli oppressi: il popolo in azione per iniziare il progresso. Noi qui parliamo per quei popoli soprattutto che giacciono alla base della gerarchia europea” (Giuseppe Mazzini, 1835). “Il consigliare gli Italiani a mettere in prima fila la causa della nazione è indicare un calcolo di puro interesse, è indicare la sola via che possa, presto o tardi, condurci ad ottenere prima il bene di tutti, poi per necessaria conseguenza il bene di ognuno” (Massimo D'Azeglio, 1846). “Io sono convinto che l'Italia sarà grande per la libertà o sarà schiava. Guai se la plebe, contenta di vane promesse, farà dipendere dall'altrui volere le proprie sorti. Essa vedrà molti di coloro che si dicono liberali, umili negli atti, larghi in promesse, con dolci parole adularla come costumano adulare i tiranni. Divenuti onnipotenti ed inviolabili, pensano al loro meglio e ribadiscono le sue catene” (Carlo Pisacane, 1857).
Per chi li ignorasse, gli autori sono tutti pericolosi populisti che hanno versato sudore o sangue per creare la nazione di cui Laura Boldrini occupa oggi la terza carica, senza sentirsi prigioniera di schemi ottocenteschi.