Il viscido e molle nichilismo che ha reso normale il male
Secondo il filosofo Sergio Givone con il nichilismo abbiamo preso atto che l'orizzonte dell'assoluto è stato fagocitato dall'autoevidenza scientifica, un po' ottusa come tutti i determinismi
Credete di essere atei ma siete solo nichilisti. Lo spiega bene il filosofo Sergio Givone nel “Trattato teologico-poetico” (Il Melangolo): l'ateismo è una dichiarazione di guerra a Dio, in cui scorge il gran nemico dell'uomo; il nichilismo ritiene invece che Dio sia una grande idea ma tutta umana, desinata a tramontare sotto i colpi del progresso della scienza. Per questo l'annuncio della morte di Dio, altro che sconvolgerci come voleva Nietzsche, ci lascia indifferenti a fare spallucce: perché non è scomparso il nostro nemico, non abbiamo valicato un limite insormontabile, ma abbiamo semplicemente preso atto che l'orizzonte dell'assoluto è stato fagocitato dall'autoevidenza scientifica, un po' ottusa come tutti i determinismi.
L'ateismo, spiega Givone, usa il male come arma contro Dio: se esisti, gli rinfaccia, come mai c'è il male? Viscido e molle, invece, il nichilismo non ritiene il male uno scandalo bensì parte del naturale ordine delle cose. Givone mi ha fatto comprendere che col nichilismo il male diventa normale, accettabile, domestico; sta lì; consente allo scienziato, che crede nel progresso e pertanto è nichilista, di praticare qualsiasi azione trovando sempre una qualche giustificazione etica, poiché il male, non scandalizzando più, non c'è più. “L'ateismo pur negando Dio ne reclama la presenza”, scrive Givone. E voi credevate di essere atei, di essere titanici oppositori di un Dio immane; invece, niente.