Tre giorni di chiacchiere per capire il silenzio di Dio
Un convegno di intellettuali per tentare di comprendere la sacralità del tacere
Dio tace ma non sempre acconsente. Nell'Apocalisse ad esempio c'è un momento terrificante, poco dopo l'apertura del settimo sigillo, in cui tutto il cielo sta in silenzio per circa mezz'ora; e fra i Salmi uno dei più disperati è quello che si apre su Davide che grida al Signore implorandolo di non restare zitto. Tuttavia non si ode parola. “Se Dio tace, chi lo può condannare?”, domanda Giobbe inquisitorio, e dovremmo ricordarcene quando nella disgrazia scambiamo il silenzio di Dio per assenza. Dio non si esprime; visualizza ma non risponde. Per questo la preghiera ci sgorga meglio quando non prende forma di parola ma resta muto pensiero che vaga per le nostre regioni inconfessabili con indicibile complessità: ci consente di utilizzare la stessa lingua di Dio, conducendoci dove l'articolazione retorica non riuscirebbe a trascinarci.
Nel giorno in cui Israele diventa il popolo eletto del Signore, Mosè porta l'annuncio dell'evento ingiungendo alla folla di star zitta, e Geremia raccomandava di star zitti nell'attesa di venire salvati. Tale contatto fra il nostro tacere e il tacere di Dio è, se vogliamo chiamarlo così, il silenzio del sacro. A questo tema l'Università di Bari dedica a partire da oggi un convegno in cui numerosi storici, sociologi, psicologi e intellettuali vari, per cercare di comprendere la profondità di questo silenzio, parleranno per tre giorni.