Consiglio per chi vuole pronunciarsi sul romanzo di Walter Siti: leggete Michele Mari
Prima di sentirsi in diritto di sputare sulla letteratura bisogna avere avuto la capacità di attraversarla tutta
Ho trovato! Per risolvere una volta per tutte la questione del romanzo di Walter Siti sul prete pedofilo (“Bruciare tutto”, Rizzoli) che tanto sta facendo discutere chi scrive su Repubblica; per primeggiare in tutti i dibattiti su ruolo educativo e limiti etici della letteratura che minacciano di sommergerci in questa primavera-estate di saloni e di festival librari; per tacitare senza appello tanto i sostenitori del capolavoro pasolineggiante quanto i denigratori del contenuto ripugnante, basta porre l'insindacabile condizione che chiunque voglia pronunciarsi su Siti abbia prima letto Michele Mari (“I demoni e la pasta sfoglia”, Il Saggiatore). Non solo perché Mari è il miglior prosatore d'Italia. Non solo perché la sua erudizione infinita garantisce il miglior connubio fra forma e contenuto. Non solo perché questa raccolta di saggi è un catalogo sterminato dell'abnorme e del perverso che ha ossessionato secoli di letteratura mondiale. Non solo perché gli basta parlare di “Pierino Porcospino” per dimostrare in quale vortice di orrori possiamo venire risucchiati aprendo un libro, apparisse anche il più innocente. Né solo perché trabocca di invettive contro “l'attuale clima letterario aduggiato dagli angusti orizzonti del minimalismo, del mimetismo basso-giovanile, del cronachismo; l'asfissia di una discussione sui maestri che non va al di là dei nomi di Moravia o di Calvino, di Pasolini o di Gadda, come se la letteratura fosse nata nel Novecento; un momento storico in cui la memoria della tradizione e la libertà dell'invenzione sono umiliate dalla fregola dell'autentico”. Ma soprattutto perché il libro di Mari dura 733 densissime pagine e rende plasticamente l'idea di come, prima di sentirsi in diritto di sputare sulla letteratura, bisogna avere avuto la capacità di attraversarla tutta.