L'amore multiculti tra Kirkpatrick e Khair vince (quasi) su tutto
Per lo scrittore William Dalrymple il loro matrimonio è un ponte che mostra come Oriente e Occidente possono incontrarsi. Ma dimentica un particolare
Che bello l'amore, l'amore trionfa sempre, l'amore è amore nonostante tutto. Apprendo dal Corrierone una storia romantica: a Hyderabad, nel bel mezzo dell'India, un generoso anonimo ha finanziato il restauro di un palazzo costruito nel 1800 che fu nido d'amore di una storica coppia mista. Lui era James Achilles Kirkpatrick, britannico, alto funzionario della Compagnia delle Indie; lei era Khair-un-Nissa, principessa indiana ed erede di una nobile famiglia musulmana che vantava fra i propri avi il Profeta addirittura. Col passare dei secoli il palazzo era caduto in rovina e a fine Novecento se ne innamorò lo scrittore William Dalrymple, che si documentò e alla storia di Kirkpatrick convertitosi all'Islam per sposare Khair dedicò un libro, poi diventato un documentario della Bbc e ora in procinto di divenire un film per la regia di Ralph Fiennes. In questa storia fra un inglese e una indiana, fra un colonialista e una colonizzata, fra un gentiluomo vittoriano e una vergine asiatica, Dalrymple ha visto una metafora dei rapporti fra Oriente e Occidente: la possibilità di una reciproca fascinazione per mezzo di un amore “transculturale, transnazionale, transreligioso”. È una curiosa teorizzazione del romanticismo multiculti. Non è vero, ha argomentato Dalrymple, che Oriente e Occidente siano due estremi destinati a non incontrarsi mai; sono piuttosto “bigottismo, pregiudizio, razzismo e paura” a separarli, mentre l'amore getta ponti che superano tutto e tutto legano. Considerato però che il giorno delle nozze Kirkpatrick aveva la mia età mentre Khair aveva quattordici anni, e che se oggi decidessi di sposare un'adolescente finirei giustamente in galera, forse qualche ponte è meglio non gettarlo, anche se l'amore è amore nonostante tutto.