Solo i miliardari si salveranno dall'Apocalisse (ma voi poveracci fregatevene)
In vista della fine del mondo o di un attacco nucleare, molti super ricchi hanno predisposto dei rifugi per sopravvivere. Ma non preoccuparti troppo, tu che invece cazzeggi su Facebook e non hai un soldo
Mentre voi state oziando su Facebook in ufficio, i più ricchi uomini d'affari americani sono pronti a partire nel tempo di uno schiocco di dita con mezzi di trasporto straordinari, generatori elettrici, armi d'emergenza. Ma dove vanno? Vanno a nascondersi – stando a quanto sostiene Business Insider – in rifugi che hanno fatto predisporre nelle lande più sperdute del Colorado o del Nebraska. Non subito, ovvio; è solo un'evenienza. Basta infatti che fra un attimo scoppi una guerra nucleare o una pandemia o un qualsiasi segno imminente della fine del mondo e loro saranno al sicuro prima che noi comuni mortali riusciamo a ridurre a icona il profilo social della vicina di casa che spiamo goffamente.
Quest'apocalisse per miliardari, di cui mormorano i bene informati sul jet-set, a pensarci bene dà un senso tutto nuovo al possesso di denaro: da mezzo per vivere bene diventa strumento di sopravvivenza, discriminante fra gli uomini qualunque destinati a perire e i super ricchi in grado di garantirsi un'immortalità post-atomica da semidei (uno di loro, una volta uscito dal suo rifugio nel Vermont, pare abbia intenzione di costruire una comunità religiosa ispirata al predicatore ottocentesco Joseph Smith). Resta però, a noi che cazzeggiamo guadagnando poco, la soddisfazione di pensare al momento successivo alla dissipazione del genere umano. Quando saremo tutti morti, i paperoni sbucheranno dai loro bunker in Kansas o South Dakota per scoprire che sulla superficie terrestre non è rimasto niente e nessuno, a parte magari qualche altro paperone sbucato dai cunicoli in Wyoming. Allora capiranno il destino di chi accumula beni sulla terra e si domanderanno: “Ma se i soldi dovevano servire solo a prepararsi alla fine del mondo, chi ce l'ha fatto fare di lavorare così tanto?”.
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